Biografia di Thìch Nhât Hanh: la sua vita è il suo messaggio

Tesi di Silvia Lombardi sugli Insegnamenti del maestro sulla non-morte

Thìch Nhât Hanh, al secolo Nguyên Xuân Båo, nato in una famiglia buddhista l’11 ottobre 1926 a Thùra Thiên nel Vietnam centrale, è una delle figure più importanti della spiritualità mondiale contemporanea e tra le più conosciute dagli occidentali. Il suo bodhicitta si manifesta molto presto: già all’età di 9 anni, nel vedere un’immagine del Buddha sulla copertina di una rivista, sente il desiderio di perseguire la via buddhista. A 13 anni può realizzare il suo sogno e entra come dieu, aspirante al noviziato, nel tempio di Tù Hiêu, di tradizione Thiên, a Huê, città imperiale nel Vietnam del centro Nord.1 La sua prima pratica è quella di imparare a memoria le gāthā, brevi versi da recitare silenziosamente, che accompagnano ogni gesto della quotidianità, per dirigere la mente ed evitare distrazioni.

Avendo già ricevuto da giovane un’istruzione di stile occidentale, ha l’impressione che i metodi di insegnamento del buddhismo utilizzati nel monastero siano un po’ antiquati. Ha inoltre imparato che storicamente il buddhismo si era spesso mostrato capace di sostenere processi di pace e di riconciliazione ed è convinto che ciò si possa ripetere per mezzo di un rinnovamento che lo renda di nuovo una tradizione vitale. Fin da subito quindi sviluppa la sua spinta creativa e controcorrente nell’osservazione della pratiche tradizionali. Nel 1942 diventa novizio, ricevendo i voti dal suo maestro Thìch Chân Thât. Fuori dal monastero imperversa la guerra d’Indocina (1946-1954), dolorosa e ingiusta come tutte le guerre, ma molto d’impatto per il giovane monaco che vede morire molti suoi connazionali, soprattutto tra la popolazione inerme.

Sembrava non esserci speranza, perché andavano avanti e avanti, non si vedeva la luce in fondo al tunnel…Quando mi è stata posta la domanda, sono tornato al respiro e ho risposto: il Buddha ha insegnato che tutto è impermanente, nulla resta per sempre, quindi anche la guerra è impermanente e prima o poi dovrà finire!”

La realtà della guerra è però talmente forte per lui che non riesce a lasciarla fuori dal monastero; insieme con altri giovani monaci sente un forte impulso a rinnovare il buddhismo per adattarlo al cambiamento imposto dagli eventi storici. Così si impegna per una riforma, ma non ricevendo sostegno dagli anziani del tempio, lo lascia per trasferirsi in un monastero a Saigon (1949), dove intraprende studi di scienze occidentali. Il periodo a Saigon è molto fertile di scritti a favore di una riforma del buddhismo, allo scopo di farlo diventare un vero strumento per affrontare la modernità e per sostenere anche coloro che si trovano fuori dai monasteri. In questo periodo pone le prime basi della Unified Buddhist Church of Vietnam (UBCV)2 per riconoscere il bisogno di un progetto che unifichi le voci di scuole diverse in opposizione alla guerra. Nel tempo, questa UBCV verrà indebitamente associata a progetti anti-comunisti e verrà ostacolata nelle sue attività.3

Thìch Nhât Hanh partecipa alla fondazione del monastero An Quang, fuori Saigon, che sarà il fulcro del movimento non-violento dei buddhisti vietnamiti durante la guerra del Vietnam (1961-1975) e il centro di un’importante corrente monastica che si prefigge l’integrazione delle due principali tradizioni buddhiste, Theravāda e Mahāyāna. In questi contesti incontra nel 1959 la giovane attivista Cao Ngọc Phuọng, che sarà per lui una collaboratrice preziosa ed instancabile, sia come laica che dopo essere stata ordinata monaca, e che è ancora oggi amorevolmente accanto a lui.4

Intanto il Vietnam è nel caos: il Nord è schiacciato dalla dittatura marxista e nel Sud vige il regime di Ngo Dinh Diêm, deciso a rafforzare la presenza cattolica nel paese e decisamente anti-buddhista. Alcuni leaders buddhisti vengono visti con sospetto sia dai comunisti che dagli anti-comunisti, in quanto esponenti di una “terza forza”.

Nella prima metà degli anni sessanta ha inizio il buddhismo impegnato di T. Nhât Hanh, che manifesta il suo impegno sociale e politico con scritti contro la brutalità del regime e le persecuzioni dei monaci. E’ il suo modo di praticare il Dharma, e incarna il suo progetto di riforma che si prefigge di risvegliare le coscienze alla inter-connessione di tutti gli esseri. A causa di queste sue posizioni, il suo nome viene depennato, ad opera delle gerarchie del buddhismo di stato, dagli atti ufficiali di fondazione del tempio An Quang, facendogli perdere in tal modo il diritto alla successione del lignaggio del tempio. A seguito di questi eventi deludenti T. Nhât Hanh cerca rifugio nella pratica spirituale, allontanandosi da Saigon e fondando la comunità Phuong Bôi, tra le montagne, per prendersi cura delle sue ferite emotive e riflettere sulle proposte di riforma. Anche in questa oasi di pace tra le montagne le sue attività sono comunque osteggiate da entrambe le parti in conflitto, fino ad indurlo a lasciare il paese per andare negli Stati Uniti, dove nel 1961 presso le Università di Columbia e Princeton approfondisce lo studio del buddhismo e delle lingue occidentali, oltre al sanscrito e al pāli, mentre insegna cultura vietnamita e psicologia buddhista.

La situazione però in Vietnam precipita a causa dei continui soprusi operati dal regime di Diêm e iniziano le auto-immolazioni pubbliche di monaci, monache e laici per far conoscere al mondo la situazione tragica in cui versa il paese. Molti di questi giovani che si immolano sono suoi amici5 e T. Nhât Hanh ne resta molto colpito: sa che queste morti violente, che appaiono atti di violenza estrema, nascono invece da una grande compassione e da una forte chiamata alla responsabilità politica individuale; questo è ciò che cercherà di far comprendere al mondo. Quando torna in Vietnam nel 1963, si impegna ancora di più e si mette alla guida di un grande movimento non-violento, con lo scopo di riunificare il paese e portare sollievo alla popolazione estremamente sofferente. Dato che ancora una volta non riceve l’appoggio delle alte sfere della Chiesa Buddhista di stato, fa partire la sua opera contando sulla popolazione e sui giovani.

Nel 1964 fonda l’Institute of Higher Buddhist Studies, diventato poi la prestigiosa Università Vạn Hạnh; nel 1965 crea la School of Youth for Social Service a Saigon – chiamata poi “piccoli corpi di pace” dalla stampa americana – in cui addestra giovani laici e monaci ad un volontariato nei villaggi che ha il fine di sviluppare l’autonomia delle realtà locali, grazie a moderne economie di scala e alla creazione di servizi sanitari. Questo volontariato, che basa le proprie azioni sulla non-violenza e sull’azione compassionevole, viene nel tempo a coinvolgere fino a diecimila studenti che conquistano l’affetto della popolazione vivendo accanto ad essa e condividendone le condizioni. T. Nhât Hanh è convinto che in una situazione come quella vissuta in Vietnam, il Buddha non si sarebbe accontentato di restarsene seduto in un monastero in meditazione. Quello che fa per i deboli ed i disperati, non è per T. Nhât Hanh altro che applicare in concreto gli insegnamenti.6 Sempre in questo periodo di grande creatività fonda Tiêp Hiên, ovvero l’Ordine dell’Inter-essere, che contempla membri del “quadruplice sagha”, ovvero monaci e laici, uomini e donne. Anche questo ordine è la concreta espressione del buddhismo impegnato e si fonda su 14 Addestramenti di cui i membri ricevono formalmente la trasmissione in una cerimonia.

Nel maggio del 1966 riceve la tradizionale Trasmissione della Lampada dal suo maestro Thìch Chân Thât e diventa ufficialmente insegnante di Dharma della 42° generazione della Scuola Lâm Tê7 e della 9° generazione del ramo locale del lignaggio Liêu Quán. Subito dopo lascia il Vietnam per offrire i suoi insegnamenti in un simposio presso l’Università Cornell in USA, organizzato dalla Fellowship of Reconciliation. In questa organizzazione conosce Alfred Hassler, un attivista che diventerà suo grande amico e compagno di impegno politico e sociale. E’ in questo periodo che incontra molte personalità di spicco della realtà statunitense, come T. Merton8, D. Berrigan9 e M. Luther King Jr., e insieme a loro contribuisce a cambiare la storia degli Stati Uniti. Proprio da M. L. King viene candidato per il premio Nobel per la pace (1967). In un’importante conferenza stampa a Washington D.C. (1966) espone la sua Proposta di pace in 5 punti, che si basa sull’idea che solo gli Stati Uniti sono davvero in grado di fermare la guerra. Dopo questo atto pubblico, il governo del Vietnam del Sud lo denuncia come traditore, dando così avvio di fatto al suo esilio che è durato 39 anni.

La fine degli anni sessanta è un periodo molto intenso di attività di divulgazione a favore della pace nel mondo, della non-violenza, dell’attenzione ecologica verso la Madre Terra, che si combina con la sua attività politica: dal 1968 segue i colloqui di pace a Parigi in qualità di facilitatore. A seguito dell’omicidio di M. L. King Jr, avvenuto nel 1968 e la cui notizia lo colpisce profondamente, inizia per lui un periodo molto duro a causa del senso di emarginazione dalla sua terra e dalle sue radici, oltre che di dolore causato da vari lutti, tra cui quella della sua amata madre che non ha più potuto rivedere e di amici cari stremati dalle repressioni in Vietnam. Questo lo porterà ad una grave depressione nel 1972, che gli imporrà una degenza in ospedale per prendersi cura della sua salute fisica e mentale. Spesso cita quel periodo come un momento di grande trasformazione della sua pratica, raccontando che in realtà la cura più efficace contro la depressione è stata per lui la possibilità di praticare la meditazione camminata sulla terrazza in cima all’ospedale.

Un altro momento drammatico lo vive nel 1976 quando, durante la World Conference on Religion and Peace a Singapore, apprende la tragica realtà di migliaia di profughi vietnamiti che fuggono dal paese per finire in centri di raccolta in Thailandia, Malesia, Hong Khong etc. e di altri che ancora si trovano in mare su imbarcazioni improvvisate, privi di viveri e di assistenza sanitaria e in balia delle violenze della pirateria. Così fa partire il progetto di recupero e assistenza dei profughi, definiti dalla stampa boat-people, per portarli in salvo in Australia e Guam con dei pescherecci affittati. Purtroppo l’efficacia di tale progetto rimane limitata, data la mancanza di appoggio politico e economico, cosicché migliaia di profughi vengono abbandonati al loro destino. Per T. Nhât Hanh il senso di impotenza e la delusione provata sono stati determinanti per far crescere nel suo cuore l’immensa compassione, che verrà espressa in alcune mirabili poesie e attraverso commoventi racconti pubblicati. L’esito di questa esperienza lo porta a decidere di abbandonare l’attività politica e dedicarsi completamente alla pratica e alla trasmissione del Dharma. Tale scelta lo porterà a fondare, nel 1982, la comunità di Plum Village a Meyrac in Dordogne, Francia. Inizialmente questa sede poteva accogliere circa un centinaio di ospiti, ma gradualmente arriverà ad ospitare fino a mille persone, come accade ancora oggi.

Per nostra fortuna, essendo costretto a rimanere in occidente a contatto con la nostra cultura e mentalità, T. Nhât Hanh riesce a diventare nel tempo un abilissimo maestro, a comprendere il nostro peculiare modo di “sviluppare” sofferenza e a trasmetterci il Dharma con modalità appropriate alle nostre esigenze, capaci di ispirare in modo semplice ma incisivo uomini e donne dell’occidente moderno, offrendoci la possibilità di comprensione e concreta pratica. Insieme alla comunità monastica di Plum Village porta il Dharma anche nel resto del mondo e in vari auditori internazionali: ad esempio in Italia dal 1992 attraverso diversi ritiri; in Israele dal 1997 in particolare si occupa della riconciliazione tra israeliani e palestinesi; nel 2003 guida due giorni di pratica per i membri del Congresso Americano a Washington D.C. e così via. Divulga la pratica anche attraverso molti libri, scritti in inglese, francese e vietnamita, che hanno venduto milioni di copie e rappresentano veri e propri punti di riferimento dell’azione di pace nel mondo. Molti di questi sono stati tradotti in italiano.

Dopo vari tentativi di accordo precedentemente falliti con il governo vietnamita, nel 2005 si realizza la fine del suo lungo esilio e ritorna in Vietnam per un tour di tre mesi di insegnamenti: oltre a discorsi e ritiri, offre cerimonie pubbliche per elaborare i lutti e per sciogliere i nodi delle grandi ingiustizie che ancora permangono dopo decine d’anni dalla fine della guerra.10 Viaggia accompagnato dal suo sagha monastico e da un centinaio di suoi studenti laici. Durante la sua permanenza in Vietnam, più di diecimila persone hanno avuto occasione di imparare e praticare con lui la consapevolezza e di guarire dalle ferite della guerra per loro stessi e per i loro 6 milioni di morti. La gāthā che offriva in quelle occasioni era: “The tears I shed yesterday have become rain”.

Oggi, T. Nhât Hanh, dopo essersi sottoposto per vari mesi a cure intensive negli USA per recuperare la parola e la deambulazione a seguito a un importante attacco ischemico, è tornato a Plum Village e viene accudito amorevolmente dalla sua comunità.

Se praticare è investire in sé stessi, sicuramente si può affermare che T. Nhât Hanh abbia praticato con successo. Ci fornisce un esempio di grande statura spirituale, di forza, di intelligenza acuta e di come la pratica meditativa possa attivare ad ogni livello: sul piano personale, relazionale, sociale e politico. E’ stato descritto come “l’incrocio tra una nuvola, una lumaca e una macchina” a testimonianza della sua leggera e calma determinazione.

La sua vita è il suo messaggio. Il messaggio di come si possa consacrare una vita intera guidati dal proprio bodhicitta e a beneficio di tutti gli esseri nelle dieci direzioni.

1 La pratica nel tempio di Tù Hiêu è plasmata da influenze del Chan cinese, ma risente l’influenza della Terra Pura e degli insegnamenti Theravāda, in perfetto stile Thìên.

2 Verrà poi fondata nel 1964.

3 Ancora oggi il Supremo Patriarca della UBCV è agli arresti domiciliari ed è il più importante “prigioniero di coscienza” secondo Amnesty International, USA. Anche in esilio all’estero, T. Nhât Hanh continua a rappresentare la UBCV, che sotto la dicitura Eglise Buddhiste Unifiée ha la sua sede a Plum Village, e pubblica alcuni suoi scritti.

4 Nata nel 1938, viene ordinata monaca nel 1988 con il nome di sister Chân Không, Vera Vacuità. Nel suo libro, L’arma del vero amore, Roma, Astrolabio, 1993, racconta la sua militanza non-violenta a favore dei diritti umani e del cambiamento sociale accanto a T. Nhât Hanh.

5 Le auto-immolazioni arrivarono al numero drammatico di 57.

6 Cartier, J.Pierre e Rachel, Thìch Nhât Hanh, la felicità della Piena Consapevolezza, Torino, Lindau, 2007, pp. 11-16.

7 Lâm Tê è la traduzione vietnamita di Linji.

8 Thomas Merton (1915-1968), poeta e monaco benedettino, come T. Nhât Hanh approfondisce la vicinanza di aspetti cristiani e buddhisti e la fertilità di combinare spiritualità e impegno politico.

9 Padre Daniel Berrigan, nato nel 1921, è un sacerdote gesuita statunitense, attivista per la pace, poeta e drammaturgo.

10 Durante il suo viaggio nel 2005, T. Nhât Hanh ha esplicite parole critiche verso la politica religiosa del regime; nonostante questa affermazione, non trova l’appoggio della leadership monastica dell’UBCV locale, che percepisce la sua venuta come una collaborazione con il governo al fine di promuovere una falsa immagine di tolleranza religiosa.

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