Thich Nhat Hanh. La visione profonda dell’Interessere

Tesi di laurea magistrale in Scienze delle religioni

Interateneo Universita’ degli studi di Padova e Universita’ Ca’ Foscari, 2014

Baldissera Cristiano

La via del cuore – Biografia di Thích Nhất Hạnh

I.1 – Semi

All’età di nove anni, trovai una rivista sulla cui copertina c’era un’immagine del Buddha che sedeva pacificamente sull’erba. Seppi immediatamente che desideravo essere altrettanto felice e in pace1.

Quest’esperienza viene raccontata dal venerabile Thích Nhất Hạnh, nel libro Mente d’amore, come la prima volta che ha provato il desiderio profondo di dedicare la propria vita a seguire la via buddhista. Il momento di quella che noi potremmo chiamare la vocazione. Poco oltre nello stesso libro descrive come, durante una gita scolastica sul monte Na Son, avendo appreso dell’esistenza di un eremita che si era ritirato in quei luoghi, avesse provato un fortissimo desiderio di incontrarlo.

Mi avevano insegnato che un eremita era qualcuno che si dedicava a raggiungere la stessa pace e felicità del Buddha. Camminammo per sei miglia per arrivare al monte, e poi ci arrampicammo per un’altra ora, ma quando arrivammo a destinazione l’insegnante disse che l’eremita non c’era. Ero davvero dispiaciuto. […] così quando il resto della classe si fermò per il pranzo, io continuai a salire, sperando di incontrarlo da solo. Improvvisamente sentii dell’acqua che gocciolava, e continuai a seguire quel suono finché non trovai uno splendido pozzo incastonato tra le rocce. Guardando nel pozzo potevo vedere ogni ciottolo e ogni foglia sul fondo. Mi inginocchiai a bere quell’acqua limpida e cristallina, fino a sentirmi completamente soddisfatto. Era come aver incontrato l’eremita faccia a faccia! Poi mi coricai e mi addormentai2.

Dopo pochi anni, i semi piantati nell’infanzia, narrati in questi due episodi, germogliarono e Nhất Hạnh poté realizzare la sua aspirazione e prendere i voti di novizio.

Vale la pena riportare un terzo episodio, prima di addentrarci nella ricostruzione della biografia del maestro vietnamita. Si tratta di un elemento, questa volta tratto dal libro Una chiave per lo Zen, che sebbene appaia citato in maniera appena accennata, a mio parere si rivela denso di significato. Nhất Hạnh sta narrando delle sue prime perplessità di novizio e dice :

Prima di entrare in monastero avevo già ricevuto una certa istruzione secondo lo stile occidentale, ed ebbi l’impressione che i metodi di insegnamento del buddhismo utilizzati nei monasteri fossero un po’ antiquati3.

Non sono entrato in possesso di maggiori dettagli, rispetto alle fonti che ho avuto a disposizione, riguardo a che cosa consistesse questa educazione in stile occidentale, sebbene sappiamo che l’impero coloniale francese aveva cercato di introdurre una forma scolastica occidentalizzata per cercare di indebolire l’influenza dell’insegnamento confuciano nella società vietnamita.

Questi tre episodi racchiudono tre delle caratteristiche peculiari di tutta l’esperienza di Thích Nhất Hạnh: quella di una naturale predisposizione alle pratiche contemplative e alla ricerca della pace seguendo la Via del Buddha, quella di essere una figura controcorrente, nell’episodio in cui abbandona il gruppo, per intraprendere la ricerca, anche solitaria, della verità, ed infine ciò che lo denoterà maggiormente ed il motivo per il quale ha raggiunto la popolarità attuale, e cioè l’approccio intellettuale, quella vocazione allo studio e allo spirito critico secondo un atteggiamento occidentale.

I.2 – Anni ’20 e ‘30

Thích Nhất Hạnh, al secolo Nguyễn Xuân Bảo, è nato in una famiglia buddhista l’11 ottobre del 1926, nella città di in Thừa Thiên nella provincia costiera di Quảng Ngãi nel Vietnam centrale. Il territorio vietnamita si trovava nel pieno dell’occupazione francese. La Francia dalla seconda metà del XIX secolo aveva iniziato ad esercitare un dominio diretto sull’Indocina modificandone l’economia e decidendo di suddividere il Vietnam in tre zone distinte per ragioni amministrative e politiche: a nord il Tonchino con capitale Hànội, al centro l’Annam con capitale Huế e a sud la Cocincina con capitale Saigon4.

Uno dei fratelli maggiori di Nhất Hạnh era gia diventato monaco. Non erano stati però i genitori a spingere i figli verso la direzione religiosa, essendo al contrario molto preoccupati per le difficoltà e i sacrifici della vita monastica.

Nel 1939, Nhất Hạnh, appena tredicenne, iniziò un duro periodo di apprendistato come dieu, cioè “praticante aspirante non ancora accettato nel cerchio monastico”5, all’interno del monastero Từ Hiếu di tradizione Thiền6, vicino alla città imperiale di Huế. Questo periodo di prova consisteva principalmente nel compiere attività pratiche e lavori utili alla comunità monastica, “per mesi e qualche volta per anni dovevi occuparti delle mucche, dei ramoscelli, dell’acqua, di pulire il riso e raccogliere la legna7. Il dieu doveva poi dedicarsi all’apprendimento a memoria dei quattro libri del Vinaya minore8, il Piccolo Manuale per la pratica, composto da: Vinaya essenziale per la vita quotidiana, Vinaya essenziale del novizio, Parole di incoraggiamento del Maestro Quy Son e Norme di comportamento9. Questi sarebbero stati poi i testi d’esame per ottenere i voti monastici. Non vi era spazio in quegli anni per lezioni o spiegazioni teoriche sul buddhismo. Il focus della vita dell’apprendista monaco era posto sull’attività pratica e sul mantenere costantemente la concentrazione. Tutte le attività della giornata dovevano venir accompagnate dalla recitazione interiore, silenziosa, di Gatha, brevi versi da imparare a memoria rivolti ad ogni singolo gesto della quotidianità allo scopo di focalizzare la mente sul momento presente ed evitare ogni possibile distrazione.

I.3 – Anni ’40

Nel 1942, dopo tre anni di apprendistato, venne concesso a Nhất Hạnh di prendere i voti di novizio sotto la guida del maestro Thích Chân Thật (Thanh Quý Chân Thật), di 41esima generazione del lignaggio della scuola Lâm Tế Thiền10 e settima generazione della linea di Dharma Liễu Quán11, entrando a far parte ufficialmente della comunità monastica.

Nhất Hạnh passò i successivi tre anni all’interno del monastero, praticando la via buddhista della concentrazione e della pace, mentre tutt’intorno la guerra divampava.

Nel 1940, con l’avvento della Seconda Guerra Mondiale, l’Indocina aveva subito l’invasione dell’impero giapponese. Nel 1941 veniva fondato il Viet Minh (Lega per l”indipendenza del Vietnam) che, fortemente influenzato dalla componente comunista, guidò la lotta per l’indipendenza che fu raggiunta nel 1945 con la formazione della Repubblica Democratica del Vietnam.

Il caos e la distruzione a cui era stato sottoposto il territorio del Vietnam non avevano solo lambito, ma erano entrati con prepotenza dentro i monasteri buddhisti.

Era andata dunque crescendo nei cuori dei giovani monaci e monache la volontà di interessarsi e di prendere parte al movimento nazionale per l’indipendenza. Era aumentata anche la convinzione che la situazione politica e sociale richiedessero un rinnovamento del buddhismo per poter stare al passo con il rapido cambiamento che stava avvenendo nella realtà vietnamita e nel resto del mondo. Il buddhismo vietnamita doveva prepararsi per partecipare efficacemente alla ricostruzione del paese.

Dopo tre anni di noviziato, Nhất Hạnh entrò nell’Istituto buddhista Báo Quốc di Huế, nel Vietnam centrale, per studiare la dottrina buddhista Mahayana. Si trattava di un percorso di impegno intellettuale teorico della tradizione buddhista riservato ad una minoranza dei monaci, per coloro cioè che avessero dimostrato una spiccata predisposizione allo studio e all’apprendimento. Nel 1949, all’età di 23 anni, si diplomò e conseguì la piena ordinazione a monaco12, ricevendo il nome di Thích Nhất Hạnh13. Per le sue doti intellettuali, egli venne ben presto riconosciuto dalla comunità come un valido insegnante di filosofia buddhista e come un riferimento spirituale nel tempio Từ Hiếu e dei monasteri associati. Emerse in questo periodo la sua indole critica verso i metodi di insegnamento e verso l’istituzione buddhista vietnamita, e la sua volontà di adoperarsi concretamente per una loro riforma.

Nel libro La veste del mio maestro, una raccolta di racconti autobiografici apparsi originariamente nel “Phật Giáo Buddhist Magazine” alla fine degli anni ’60, Nhất Hạnh riportava un dialogo avuto con il Fratello di Dharma Tâm Mẫn sul futuro del buddhismo. Fratello Mẫn sosteneva che il buddhismo maggiormente diffuso nella società vietnamita era corrotto, lontano dalla purezza originale. Diventava compito degli intellettuali dunque quello di concentrarsi sullo studio del Dharma per riscoprire i suoi significati più profondi e autentici, per poi diffonderli nella società. Gli rispondeva Nhất Hạnh: : “Il compito di riformare il Buddhismo richiede una rivoluzione degli insegnamenti e delle regole degli Istituti buddhisti. Quando l’addestramento porterà alla formazione di un numero sufficiente di buoni studenti, allora ci potrà essere una reale riforma del Buddhismo.”14.

La proposta di Nhất Hạnh, e del gruppo di giovani monaci che in quelle idee si riconosceva, era quella di ripensare la tradizione buddhista, il suo approccio alla società e il suo insegnamento con una particolare attenzione alla modernità, al rapporto con l’Occidente, alle scienze e al pensiero umanista.

A causa però delle sue doti intellettuali e delle abilità creative che gli permettevano di riscontare un largo favore tra i giovani, della volontà riformatrice, nonché della giovane età, egli si trovò a scontrarsi con il gruppo dei monaci più anziani, che rappresentava gli elementi conservatori della scuola15.

Di fronte all’opposizione da parte dell’autorità dell’istituto di Huế di apportare delle modifiche modernizzatrici nel curriculum di studi, Nhất Hạnh assieme a un piccolo gruppo di altri studenti decise di trasferirsi a Saigon dove dedicarsi allo studio della filosofia e delle scienze occidentali. Questo fu reso possibile dalla presenza nella capitale del sud dell’Università e di altri istituti con programmi di studio occidentali. Era infatti una convinzione condivisa da questo gruppo di giovani monaci che fosse questo il percorso che li avrebbe aiutati a “rivitalizzare la pratica del buddhismo” e a riuscire a tradurre l’insegnamento del Buddha in un “linguaggio attuale”16. La forma di buddhismo a quel tempo maggiormente diffusa e che si poteva incontrare praticata nella maggior parte dei villaggi vietnamiti, veniva considerata, dai giovani monaci colti, estremamente corrotta, lontana dagli insegnamenti originali, poco profonda e più simile ad una pratica devozionale e superstiziosa.

Questo gruppo di giovani studenti buddhisti sentiva di appartenere a quel movimento di rinnovamento del buddhismo vietnamita iniziato negli anni ’30 e collegato a sua volta ai moti riformisti del buddhismo in Cina e in tutto il Sud-Est asiatico. Questi movimenti si focalizzavano sullo studio erudito della tradizione buddhista e sul coinvolgimento della popolazione laica, in particolare delle giovani generazioni, attraverso l’organizzazione di associazioni e la pubblicazione di giornali.

I.4 – Anni ‘50

Alla continua ricerca di una formazione più completa in campo umanistico Nhất Hạnh frequentò dunque l’Università di Saigon, mantenendosi attraverso i suoi scritti. Da giovane monaco scrisse infatti diversi libri come The family in the practice (1952); How to practice buddhsim (1952); Buddhist Logic (1952) ed anche una raccolta di poesie, The Autumn Flute (1949). Si produsse inoltre in un gran numero di articoli di giornale sul tema del buddhismo di fronte alla modernità. Era questo il modo in cui egli sentiva di poter contribuire al movimento riformatore, diffondendo cioè il più possibile la sua conoscenza e la sua comprensione del buddhismo. A 24 anni, grazie a questa grande produzione di scritti eruditi, originali e moderni, si era già guadagnato la fama di un insegnante eccezionale, in special modo tra i giovani.

Ricorda Cao Ngọc Phượng, che sarà una delle più importanti collaboratrici nonché sorella di Dharma di Nhất Hạnh con il nome di sister Chân Không17, nella sua autobiografia, Learning true love, pubblicata nel 1993, che: “Tutti i giovani monaci erano con lui e ne appoggiavano sinceramente gli sforzi per un rinnovamento dell’insegnamento e della pratica”18.

Uno dei suoi obiettivi principali, dato l’alto tasso di violenza, sofferenza e ingiustizia diffuse nella società, era quello di dare vita ad una pratica che potesse essere valida ed efficace anche fuori dai monasteri, per coloro che vivevano nel mondo.

Tra il 1949 e il 1950, mentre imperversava la guerra tra la Francia e la resistenza Vietnamita, Nhất Hạnh partecipò assieme al venerabile Thích Trí Huu, alla fondazione del tempio Ấn Quang (inizialmente chiamato Ung Quang), fuori Saigon, che nel tempo sarebbe diventato il centro più avanzato e moderno per gli studi buddhisti nel Vietnam del Sud19, unico istituto a offrire un’alternativa qualificata alle scuole superiori francesi, nonché la culla del movimento non-violento dei buddhisti vietnamiti durante la guerra tra ’63 e ’75.

Con gli Accordi di Pace di Ginevra nel 1954, che misero fine alla guerra di Indocina sancendo per la prima volta l’umiliante e totale sconfitta in Asia di una potenza occidentale, quella francese, il Vietnam si ritrovò in una situazione di stallo e di confusione, in particolare per la volontà delle grandi nazioni straniere di dividere il paese in due parti, all’altezza del 17esimo parallelo. La nazione vietnamita era immersa nel più grande caos, al Nord si era instaurato un governo di ideologia marxista, mentre nel Sud aveva preso il potere, favorito dall’appoggio americano, il presidente Ngô Đình Diệm, mandarino cattolico, che nutriva l’intenzione di governare sul nuovo stato seguendo l’ideologia del personalismo di Emmanuel Mounier. Mentre i combattenti del Viet Minh filo-comunisti, per rispettare gli accordi, in attesa delle libere elezioni che si sarebbero dovute tenere entro due anni, si ritiravano nel Nord, più di un milione di persone, per la stragrande maggioranza cattolici, emigravano verso il Sud, in fuga dalle persecuzioni comuniste. Iniziava in questo modo il grande scontro di matrice ideologica.

Sebbene l’istituzione buddhista, che aveva sostenuto la lotta per l’indipendenza nazionale, non riuscisse a trovare la forza di reagire e di assumersi responsabilità sociali e politiche, per Nhất Hạnh questo periodo stava offrendo invece importanti opportunità di cambiamento, in cui il buddhismo avrebbe dovuto assumere un ruolo di guida per la maggioranza della popolazione, tagliata fuori dai giochi di potere che stavano decidendo le sorti della nazione.

Una serie di avvenimenti sembrarono in un primo momento permettere un’apertura favorevole alle istanze di Thích Nhất Hạnh, che venne invitato da un giornale quotidiano di Saigon a scrivere diversi articoli sul buddhismo in cui venivano affrontate le questioni vive della popolazione nei confronti della religione. La risposta a questi articoli fu positiva poiché per molti si trattava delle prime letture in cui si poteva comprendere la potenziale attualità contenuta nella dottrina buddhista. Invitato inoltre a ripensare in chiave moderna il programma di studi dell’istituto Báo Quốc, egli realizzò un ciclo di grandi incontri pubblici per presentare e riflettere assieme a monaci, monache e altri giovani che condividevano il suo punto di vista sul paese, il futuro del buddhismo e del Vietnam. Da questi incontri ne scaturì un programma di studi che includeva sia le basi dell’insegnamento buddhista tradizionale sia alcune materie di matrice occidentale, come la filosofia, le lingue e le scienze; tutti i corsi che “potevano esserci utili per comprendere la nostra società e il mondo contemporaneo”20.

Nello stesso periodo fondava la rivista “The first lotus flower of the season”21 dedicata ai monaci e alle monache che si stavano impegnando come lui nella creazione di un buddhismo moderno.

Sempre nel 1954 a seguito della pubblicazione di alcuni articoli di Nhất Hạnh, dal titolo Uno sguardo nuovo sul buddhismo, sulla situazione attuale del buddhismo vietnamita nasceva l’idea del Buddhismo Impegnato: “Il giornale incrementò di molto le vendite: la gente era davvero assetata di guida spirituale, data l’enorme confusione che regnava”22.

Il lavoro di diffusione del nuovo pensiero buddhista sembrava premiare gli sforzi del giovane monaco e nel 1955 i membri anziani dell’Istituto buddhista Báo Quốc invitarono Nhất Hạnh ad assumere il ruolo di coordinatore del “Phật Giáo Việt Nam” (“Buddhismo Vietnamita”). Questa pubblicazione periodica rappresentava l’organo ufficiale dell’Associazione Generale dei Buddhisti Vietnamiti (in inglese Unified Vietnam Buddhist Association – in vietnamita Giáo Hội Phật Giáo Việt Nam Thống Nhất). I temi trattati tendevano verso la promozione dell’unità tra tutte le differenti scuole vietnamite presenti sul territorio sulla base della loro comune fedeltà nazionale e sugli ideali umanistici. Allo stesso tempo però gli articoli prendevano anche una posizione politica, schierandosi coraggiosamente contro gli abusi e i metodi repressivi del regime del presidente Diệm. I buddhisti in quel frangente erano oggetto di particolari persecuzioni, non solo nel momento in cui manifestavano idee opposte a quelle del governo, ma semplicemente per la loro fede religiosa, essendo quello di Diệm un regime votato a rinforzare la presenza cattolica nel paese, come base d’appoggio per il proprio potere, a scapito delle altre religioni.

La rivista finì per essere soppressa nel giro di due anni, dopo aver incontrato varie forme di resistenza da parte della gerarchia buddhista, a causa della radicalità del contenuto degli articoli di Nhất Hạnh.23

Le delusioni non erano finite per Nhất Hạnh e nel 1956, mentre stava tenendo una serie di lezioni a Đà Lạt, venne a conoscenza della rimozione del proprio nome dai registri del tempio Ấn Quang, la pagoda che aveva contribuito lui stesso a fondare all’inizio degli anni Cinquanta. Era stato così espulso di fatto dalla successione ufficiale del lignaggio del tempio.

Questi due eventi, la chiusura della rivista e l’espulsione da Ấn Quang, provocarono in Nhất Hạnh un’immensa delusione nei confronti della gerarchia buddhista e il conseguente bisogno di ricerca di isolamento per trovare la maniera di riflettere sull’accaduto, per dedicarsi alla pratica meditativa e allo studio.

All’inizio del 1957, il tentativo del governo Diệm di impedire i festeggiamenti del Wesak, festa nazionale per celebrare la nascita del Buddha, portò ad un sollevamento popolare in tutto il paese. Il governo fu dunque costretto a ritornare sulle proprie decisioni.

L’autunno del 1957 vide il giovane Nhất Hạnh ritirarsi temporaneamente dall’agone politico-religioso, per evitare la crescente opposizione interna, e cercare un luogo isolato di pratica e riflessione. Assieme ad alcuni dei suoi compagni più stretti, stabilì una comunità monastica sperimentale, fuori dai canoni tradizionali, di meditazione e di resistenza chiamata Phương Bối24, situata sugli altopiani nella foresta Dai Lao vicino a Đà Lạt, tra le montagne, non lontano da Saigon.

Il luogo prescelto costituiva uno scenario naturale lontano dalla società e dalla civiltà, una foresta selvaggia dove dedicarsi alla pratica spirituale, prendersi cura delle ferite interiori e mettere radici solide per l’impegno futuro: un luogo dove continuare la riflessione sopra il tema del rinnovamento del buddhismo.

In questo periodo Nhất Hạnh continuò anche a scrivere sul principio di unificazione delle diverse correnti buddhiste presenti nel Vietnam. Compì inoltre numerosi viaggi su invito di vari templi per tenere lezioni sulla dottrina buddhista e sulle sue proposte di riforma. Fu proprio durante una di queste lezioni di Dharma che Nhất Hạnh incontrò per la prima volta Cao Ngọc Phượng, che avrebbe impresso nel pensiero e nell’attività di Nhất Hạnh un’impronta ancora più rivolta alla sfera dell’impegno sociale, in particolar modo nel campo dell’assistenza. Il primo gruppo di giovani attivisti che iniziò a radunarsi intorno alla sua personalità prese il nome di Tredici cedri25.

Col passare del tempo e l’intensificarsi degli scontri bellici della nuova guerra, anche il rifugio di Phương Bối non fu più da considerarsi sicuro e nel giro di breve tempo tutta la comunità fu costretta ad abbandonare questi amati luoghi e a disperdersi.

I.5 – Anni ‘60

Nel 1961 il vento sembrò nuovamente cambiare a favore di Nhất Hạnh, che venne richiamato in via ufficiale al Tempio An Quang per condurre un corso di tre mesi sull’insegnamento del buddhismo. Poi nell’aprile dello stesso anno iniziò a insegnare anche un corso sul buddhismo agli studenti dell’Università del Tempio Xá Lợi a Saigon. Ma dato il clima politico particolarmente sfavorevole, quest’apertura alle sue idee si rivelò illusoria e nel giro di due settimane le lezioni di Nhất Hạnh furono causa di tali agitazioni all’interno del gruppo degli anziani del tempio da portare alla sua definitiva espulsione.

Nel settembre del 1961, essendo stato sottoposto a continue critiche da parte della gerarchia buddhista e allo stesso tempo dal regime del dittatore Diệm, Nhất Hạnh accettava una borsa di studio di due anni propostagli dal Dipartimento di Religioni Comparate dell’Università di Princeton, negli Stati Uniti. Nel compiere questa scelta, venne incoraggiato dai suoi amici più stretti che ritenevano non esserci sufficiente terreno fertile in quel momento per le sue idee. Nhất Hạnh lasciava così il Vietnam, e con esso il campo dell’azione e del rinnovamento, andando incontro ad un periodo di studio all’interno di uno dei più importanti centri universitari di ricerca del mondo.

Quelli americani furono anni fondamentali per la formazione spirituale e intellettuale di Thích Nhất Hạnh. Non solo ebbe la possibilità di approfondire la conoscenza del buddhismo, delle lingue, come l’inglese, il sanscrito, il pali, il giapponese, e della cultura occidentale, ma anche, come apprendiamo dalla sua pubblicazione dei diari riguardanti il periodo 1962-66, dal titolo originale Fragrant Palm Leaves26, di vivere alcuni momenti di profonda trasformazione interiore, illuminanti per la sua vita e fondamentali per il suo futuro.

Concluse la sua esperienza di studio a Princeton presentando una tesi sulla relazione tra cristianesimo, ebraismo e islam, e un anno dopo dal suo arrivo negli Stati Uniti, nell’autunno del 1962, venne invitato dalla Columbia University di New York a tenere un ciclo di lezioni sul tema del buddhismo contemporaneo e sulla letteratura vietnamita.

La situazione in Vietnam nel frattempo andava peggiorando e con essa andava crescendo il senso di apprensione da parte di Nhất Hạnh. Annotava nel suo diario in data 21 dicembre 1962: “La nostra patria sta per attraversare una tempesta devastante. Il regime oppressivo, facendo appello alla forza per soddisfare la propria cupidigia, ha causato troppe ingiustizie e il malcontento cresce”, e ritenendo che la tempesta potesse esplodere improvvisamente aggiungeva: “Non possiamo restare ancorati alla nostra giovanile innocenza: dobbiamo farci più forti, in vista della prova futura”27.

La primavera del 1963 coincise con l’acuirsi della famosa opposizione popolare al regime di Diệm, guidata dai monaci e dalle monache buddhisti. L’apice venne raggiunto nel aprile dello stesso anno, quando il governo Diệm tentò nuovamente di impedire l’esposizione delle bandiere buddhiste nel giorno della ricorrenza tradizionale della nascita del Buddha. Vi furono degli scontri con le forze dell’ordine governative a seguito delle quali si contarono diversi morti e un gran numero di feriti tra i manifestanti. A questi fatti seguirono moltissimi arresti e continue violenze da parte della polizia. I monaci che avevano messo in moto le manifestazioni furono presi di mira e accusati di essere dei comunisti sotto copertura, in una fase in cui l’essere accusato di essere comunista o filo-comunista equivaleva a una condanna a morte.

Nel 1963 Nhất Hạnh si trovava a New York, impegnato nella PostGraduate School della Columbia University, quando apprese la notizia dell’auto-immolazione pubblica del monaco Thích Quảng Ðức, avvenuta l’11 giugno, come segno di protesta contro la dittatura di Diem e la persecuzione dei buddhisti in Vietnam. Fu la prima di una lunga serie di gesti di protesta, comprese altre auto-immolazioni di monaci, monache e laici, per attirare l’attenzione internazionale sulle violenze e le ingiustizie perpetuate dal regime di Diệm e da quelli che lo avrebbero succeduto. Da questa azione clamorosa sarebbero scaturiti una serie di segnali di cambiamento, primo dei quali fu il colpo di stato militare che nel novembre dello stesso anno avrebbe messo fine al governo di Ngô Đình Diệm. L’élite buddhista si ritrovò in questo modo nuovamente investita di un ruolo di guida da parte della società del Vietnam del Sud che tanto faticava a assumersi, a causa del suo approccio tradizionalista.

Essendo stato assente dal Vietnam, Nhất Hạnh non aveva potuto partecipare alle riflessioni interne dei leader della Chiesa nei confronti del regime di Diệm. Il suo contributo si era limitato al compito di far conoscere all’Occidente il più possibile la realtà vietnamita. Ebbe inizio così, tra giugno e ottobre, un periodo molto intenso per il maestro vietnamita, che veniva con grande frequenza invitato dai giornali e dalle televisioni americani a rilasciare interviste concernenti la situazione nel suo paese. La campagna informativa lo portò nelle principali città degli Stati Uniti allo scopo di costruire le basi per il movimento per la pace. A Washington accettò di guidare la marcia pacifista organizzata dall’Association of Overseas Vietnamese che sarebbe sfilata di fronte alla Casa Bianca.

Mentre Ngô Đình Nhu, fratello del presidente Diệm e vescovo cattolico di Huế , dirigeva le sue forze speciali per arrestare tutti gli attivisti buddhisti, Nhất Hạnh, negli Stati Uniti, traduceva e rendeva pubblici un gran numero di documenti, segretamente contrabbandati dall’ambasciatore vietnamita negli U.S.A., che dimostravano gli abusi e le violazioni dei diritti umani perpetuai dalle forze governative. Grazie a questi documenti, presentati da Nhất Hạnh, l’8 ottobre, all’Assemblea Generale dell’U.N. – durante il dibattito sulla repressione dei buddhisti da parte del presidente Diệm – venne presa la decisione di inviare una delegazione in Vietnam per indagare sui fatti.

Nell’ottobre di quello stesso anno, un’azione di protesta non-violenta, condotta da Nhất Hạnh, ebbe una particolare eco: egli condusse infatti un digiuno totale di cinque giorni volto a richiamare l’attenzione sulla realtà della popolazione vietnamita. Annunciando il suo proposito, Nhất Hạnh faceva questa dichiarazione pubblica:

La popolazione del Vietnam Ha già sofferto abbastanza. In questo momento bisogna che tutta la famiglia umana preghi e agisca. Al termine di questa conferenza stampa entrerò in meditazione silenziosa e digiunerò per pregare per la mia patria. Imploro tutti i membri del genere umano, tutti coloro che sentono la sofferenza del Vietnam, di unire le loro preghiere affinché la sofferenza finisca28.

Scopo di questo tipo di azione non era quello di muovere a commozione o a pietà, ma di spingere l’opinione pubblica americana verso la riscoperta del senso di umanità. Ricoprendo il ruolo di autorevole membro dell’istituzione buddhista fuori del Vietnam ed essendo il più capace allo scopo di richiamare l’attenzione dell’Occidente, Thích Nhất Hạnh era disposto a sacrificarsi e a fare tutto quello che era in suo potere per promuovere la comprensione della tragica situazione vietnamita. Solo dalla comprensione della reale situazione infatti sarebbero potuti scaturire quell’amore e quel rispetto per i vietnamiti in quanto esseri umani, necessari per un cambiamento reale.

Il primo novembre del 1963, cadeva dunque il governo Diệm a causa di un colpo di stato militare appoggiato e probabilmente voluto dagli stessi americani, che non avevano più fiducia nella capacità del dittatore di tenere sotto controllo la situazione interna al paese a causa del malcontento popolare che le sue politiche avevano esasperato. Si apriva così, inaspettata, l’opportunità, tanto agognata e profetizzata da Nhất Hạnh negli anni precedenti, di una possibile trasformazione interna al paese guidata dalle forze buddhiste, che erano state al centro delle manifestazioni di dissenso. Tutto il mondo era a conoscenza del fatto che dietro la fine del regime di Diệm vi erano state le ondate di protesta dei buddhisti.

Proprio in quei giorni Nhất Hạnh era stato invitato a costituire un dipartimento di studi vietnamiti in seno alla Columbia University29. Ma l’appello urgente a rientrare in Vietnam per aiutare la ricostruzione della congregazione buddhista divenne un richiamo che prese il sopravvento su tutto il resto.

Sister Chân Không racconta che non fu comunque una decisione facile, poiché doveva rispondere alla chiamata di quello stesso gruppo di leaders buddhisti che in passato non lo avevano mai appoggiato. Se fosse rimasto negli Stati Uniti non avrebbe più dovuto scontrarsi con quell’elite conservatrice che gli aveva causato così tanti problemi nel suo tentativo di rinnovare il buddhismo vietnamita e aiutare il cambiamento della società.

“Sono troppo vecchio e troppo all’antica per assumermi questa grande responsabilità. Per favore, vieni ad aiutarci.”30, scriveva Thích Trí Quang , colui che aveva dato il via alla protesta contro il regime di Diệm nella città di Huế.

Questo appello, asciutto ma chiaro, rivoltogli personalmente da parte di uno dei leader della comunità buddhista che in passato era stato a capo della corrente tradizionalista che aveva osteggiato in ogni modo Nhất Hạnh, lo toccò profondamente, non lasciando margini di ripensamento.

I tempi erano maturi per realizzare quel sogno coltivato fin dall’adolescenza e, tramite quel messaggio inaspettato, sembrava che si fosse giunti anche a un riconoscimento del valore delle idee e del talento di Thích Nhất Hạnh da parte degli anziani.

Bisognava mettere da parte ogni ambizione accademica per mettersi al servizio della riforma del Vietnam.

C’era un’altra ragione, sostiene la stessa Sister Chân Không, che spinse Nhất Hạnh a tornare. La convinzione cioè che la creazione di una Chiesa buddhista unificata fosse un obiettivo prioritario rappresentando lo strumento fondamentale nel tentativo di riportare la pace sul suolo vietnamita.

Il 16 dicembre del 1963 Thích Nhất Hạnh lasciava gli Stati Uniti alla volta della sua terra natale.

Il suo ritorno in patria segnò l’inizio di uno dei più grandi movimenti di resistenza non-violenta del secolo, basato integralmente sui principi della non-violenza, il cui scopo principale, oltre alla pace sul suolo vietnamita, era la riconciliazione tra il Nord e il Sud: la riunificazione nazionale.

Dopo pochi giorni dal suo rientro, si tenne nel Tempio Xá Lợi a Huế  il Congresso di Riunificazione dei Buddhisti vietnamiti, che portò inizialmente alla creazione del Unified Buddhist Sangha of Vietnam, e poi ufficialmente il 13 gennaio 1964 a quella della Unified Buddhist Church of Vietnam (UBCV). Si trattò di un evento eccezionale e largamente auspicato dal gruppo di buddhisti riformisti guidato dal giovane Nhất Hạnh. Per la prima volta nella storia del buddhismo mondiale, e possibile solo in un contesto come quello vietnamita, si riunivano in un unico corpo istituzionale le maggiori scuole delle tradizioni Mahāyāna e di quella Theravāda di uno stesso paese.

Sempre in gennaio, immediatamente dopo la creazione dell’UBCV, Nhất Hạnh che aveva già le idee chiare sulle azioni da compiere nell’immediato, presentò una proposta al Consiglio Esecutivo basata su tre punti31:

  1. un appello pubblico da parte dell’UBCV per chiedere la fine delle ostilità in Vietnam.

  2. la costituzione di un istituto per lo studio e la pratica del buddhismo in vista di formare i futuri leader politici nell’arte di agire con una mente aperta e tollerante.

  3. puntare sui giovani, creando una struttura che li formasse come operatori sociali per favorire un cambiamento sociale non-violento, basato sugli insegnamenti buddhisti.

Per Nhất Hạnh la fine della guerra, la riforma del buddhismo e l’impegno sociale erano inscindibilmente collegati, componenti integranti del suo modo di interpretare il Dharma buddhista.

La reazione del direttivo e degli anziani appartenenti ai vertici dell’UBCV non fu però accogliente come nelle aspettative di Nhất Hạnh. Lo stretto legame che egli proponeva tra la riforma interna del buddhismo e le proposte per il cambiamento sociale furono avvertite inizialmente come inappropriate, se non addirittura utopistiche.

Evidentemente l’appello a ritornare per modernizzare il buddhismo in Vietnam da parte dell’elite buddhista era rivolto a svecchiare in particolare il programma educativo per gli studi del Buddhadharma.

Si voleva puntare solo sulla modernizzazione del programma educativo e sul prendere posizioni politiche o intervenire al fine di una rivoluzione sociale.

Non solo non veniva compresa l’istanza di Nhất Hạnh di portare il buddhismo sul piano dell’azione sociale ma la pressoché totale mancanza di fondi economici sembrava impedirne di fatto la realizzazione. Sister Chân Không racconta dunque che in risposta l’istituzione buddhista offrì il supporto solo per la creazione dell’Istituto buddhista mentre venivano rifiutate le proposte legate al cambiamento e all’impegno sociale32.

In realtà, sebbene l’UBCV non abbia mai rivolto un appello ufficiale per la fine delle ostilità, nella primavera del 1965 una fazione guidata dal venerabile Thích Trí Quang diede inizio, dentro l’organizzazione, a un movimento buddhista che faceva appello alla fine del coinvolgimento americano e alla fine delle ostilità nel Vietnam del Sud.

Sebbene poi negli anni successivi, i modi e le tecniche per portarlo a compimento fossero diversi e meno dichiarati rispetto a quelli di Thích Nhất Hạnh, lo scopo di entrambi era comune, quello di porre fine alla guerra e alle sue conseguenze sulla popolazione civile. Il problema centrale dell’elite monastica dell’UBCV era il fatto di non credere in una strategia che mettesse sullo stesso piano strategico e di azione la fine della guerra e il cambiamento sociale. Dopo la caduta di Ngô Đình Diệm, il movimento di pace dentro il Vietnam fu rapidamente denunciato e brutalmente soppresso, perché il governo Usa del presidente Lyndon B. Jonhson si era convinto di dover cercare e ottenere una vittoria militare e non avrebbe tollerato altri tipi di soluzioni.

Thích Nhất Hạnh non si sconfortò di fronte all’assenza del sostegno ufficiale dell’UBCV e si impegnò negli anni seguenti, uno dei periodi di più intensa attività della sua vita, per realizzare i suoi obiettivi senza l’approvazione ufficiale della gerarchia buddhista, ma al contrario puntando sul supporto della popolazione e in particolar modo di molti giovani studenti e professori, per quanto riguardava la raccolta dei fondi necessari e le attività volontarie.

Nel marzo del 1964, sull’iniziativa di Nhất Hạnh, venne fondato l’Istituto per gli Studi Superiori Buddhisti (inglese Institute of Higher Buddhist Studies), che sarebbe diventato nel giro di pochi anni la prestigiosa Università Vạn Hạnh.

L’istituto venne creato con l’intento di “promuovere la cultura nazionale in vista di sostenere le forze impegnate nella lotta per la pace, per l’indipendenza e per la creazione di una società umanista.”33.

Nhất Hạnh non volle tenere per sé alcun ruolo di potere all’interno della dirigenza dell’Istituto, impegnandosi invece nella raccolta e gestione dei fondi, e nell’organizzazione del ramo editoriale. Il campo che gli era più familiare. Inoltre, come insegnante della scuola, si occupava di insegnare psicologia buddhista (Yogācārins) e la letteratura della Prajñāpāramitā, la principale corrente del Mahāyāna.

Thích Nhất Hạnh mise in piedi l’Istituto quasi unicamente con le proprie forze, raccogliendo il denaro all’interno di una rete di amici e conoscenti. L’amministrazione era costituita da volontari e lo staff degli insegnanti, nel primo momento, era composto da monaci provenienti dal Tempio Ấn Quang, che offrivano anch’essi il proprio contributo gratuitamente.

Van Hanh é un’università particolare. Non ha nessuno dei segni distintivi normalmente associati alle istituzioni di cultura superiore. Quando piove, gli studenti devono guadare le pozzanghere fino in classe, facendo lo slalom tra le affollatissime bancarelle del mercato che espongono di tutto, dal pesce secco alle patate dolci, allineate davanti all’ingresso del tempio Phap Hoi. […] Ma questa ubicazione ha i suoi vantaggi: la mattina basta uscire dalla porta e si può fare colazione, evitando di dover cucinare34.

Nello stesso periodo venne dato il via ad un progetto sperimentale di volontariato presso alcuni villaggi nella periferia di Saigon, dove provare a realizzare un concreto cambiamento sociale35, che sarebbe sfociato entro poco tempo nella costituzione del SYSS36.

Gli obiettivi di queste missioni nei villaggi, e dunque il tipo di addestramento che ricevevano i giovani volontari preposti a questo compito, erano volti a sviluppare l’autonomia delle singole realtà locali grazie al potenziamento nei campi dell’economia locale – tramite l’introduzione di metodi più moderni di coltivazione – dell’educazione – con la costruzione di strutture che fungessero da scuole – e della sanità – creando piccoli centri medici e diffondendo i principi favorevoli a un maggiore livello igienico. Sotto la guida dei volontari, gli abitanti dei villaggi venivano incoraggiati a partecipare in prima persona alle opere e ad assumersi via via la responsabilità della futura continuazione del progetto.

Quando hanno cominciato a lavorare con noi per pianificare e realizzare progetti che avrebbero migliorato e sviluppato il villaggio abbiamo capito quanto sia in gamba questa gente. La popolazione dei piccoli villaggi contadini sparsi in tutto il Vietnam è la migliore e ancora inutilizzata risorsa del paese. […] La religione è l’unica istituzione ancora capace di ispirare unità e responsabilità sociale; dobbiamo usare le risorse delle nostre tradizioni spirituali per operare un cambiamento37.

In un incontro pubblico, avvenuto nell’Aprile del 1965, l’Unione degli Studenti dell’Università Vạn Hạnh rilasciava la dichiarazione ‘Call for Peace’ in cui veniva messo in luce il pensiero politico soggiacente al movimento non-violento, quello cioè di un’immediata fine della guerra e una riconciliazione tra il Nord e il Sud, basandosi sul dialogo e il rispetto reciproci.

Nel settembre del 1965 prendeva vita il progetto più rivoluzionario di Thích Nhất Hạnh e della sua assistente Cao Ngọc Phượng, quello della School of Youth for Social Service (SYSS) a Saigon. Nato nonostante il rifiuto del consiglio esecutivo dell’UBCV, diventò il luogo e il mezzo per l’espressione della carica di pace e di rivoluzione sociale di un gran numero di giovani volontari.

La Scuola era aperta sia ai laici che ai monaci e basava le proprie azioni sui principi buddhisti di nonviolenza e azione compassionevole, con lo scopo di riuscire ad insegnare l’arte di aiutare gli altri partendo dalla pratica di osservare in profondità e di conseguenza trasformare innanzitutto se stessi.

Questa organizzazione di assistenza alla popolazione civile, pensata per spingere verso lo sviluppo delle zone rurali tramite la costruzione di scuole, centri medici e la condivisione del sapere scientifico e medico, sarebbe finita per avere un ruolo fondamentale con l’acuirsi della guerra, sotto il nome attribuito dalla stampa americana di «Piccoli corpi di pace», quando offrì ospitalità alle famiglie rimaste senza casa e nella ricostruzione dei villaggi bombardati. Questo gruppo di volontari, durante la guerra, divenne oggetto di sospetti, ostilità e anche violenza da parte di entrambe le fazioni in conflitto che li ritenevano alleati del proprio avversario, proprio a causa della loro volontà di non schierarsi con nessuno dei belligeranti. Diverrà uno dei più significativi movimenti di azione non violenta del XX secolo in grado di mobilitare più di diecimila studenti volontari in 42 province del Vietnam del Sud ai tempi della caduta di Saigon, nel 1975.

In conseguenza dei successi e della popolarità ottenuti nel volgere di poco tempo, la Scuola giunse infine a ricevere il supporto della Chiesa buddhista in vista di un allargamento del progetto su scala nazionale per aiutare la popolazione nello sviluppo rurale e sociale. Il SYSS ricevette così il riconoscimento ufficiale, posto come una branca dell’Università Vạn Hạnh ma non venne stanziato alcun fondo dall’istituzione per il suo sviluppo.

Il programma voluto da Nhất Hạnh formava i giovani che sarebbero poi stati inviati nelle aree povere e arretrate nei luoghi più remoti del paese. L’appello alla partecipazione dei giovani volontari ebbe una risposta enorme e inaspettata. A Nhất Hạnh non rimaneva che risolvere due questioni fondamentali, il reclutamento degli insegnanti e le strutture. Non disponendo di fondi per poter pagare gli insegnanti della Scuola, si recò alla facoltà dell’Università di Saigon riuscendo, grazie al suo carisma e all’importanza dell’iniziativa, a convincere un gran numero di professori a partecipare al suo progetto nonostante l’assenza di retribuzione. Le strutture per la Scuola invece, gli uffici, le aule e i dormitori, vennero forniti, come nel caso dell’Istituto di Studi Buddhisti, temporaneamente da alcuni templi buddhisti dell’area di Saigon, in attesa della costruzione di un campus permanente.

Questo supporto ufficiale, come parte della prestigiosa Università Vạn Hạnh, venne però ben presto annullato a causa delle divergenze interne38 e delle prese di posizioni politiche pubbliche di Nhất Hạnh che risultarono troppo scomode per la gerarchia buddhista. Il programma della Scuola continuò comunque a funzionare nonostante la mancanza del riconoscimento ufficiale dal 1966 al 1973, anno in cui l’UBCV fondò la Buddhist Committee for Reconstruction and Social Development con il progetto del SYSS come suo cuore pulsante39.

Come abbiamo visto in precedenza, durante gli anni più sanguinosi della guerra, i giovani volontari che partecipavano ai programmi del SYSS furono sottoposti a grandi rischi personali, mentre si battevano per aiutare i contadini vietnamiti a ricostruire i propri villaggi, in alcuni casi distrutti anche quattro o cinque volte di seguito.

L’intensa e ininterrotta attività di Thích Nhất Hạnh si espresse in questi anni anche nel campo editoriale con la realizzazione di alcuni importanti progetti. É proprio in questi anni infatti che viene fondata la casa editrice Lá Bối Press, la cui importanza crescerà nel tempo fino a raggiungere una grande influenza negli anni successivi, quando si affermerà come una delle maggiori case editrici vietnamite.

Nello stesso periodo egli assunse il ruolo di editore del giornale ufficiale del Unified Buddhist Sangha of Vietnam, il Sound of the Rising Tide.

Sul finire dell’anno 1964 gli Stati Uniti si preparavano ad inviare le proprie truppe a sostegno del governo del Vietnam del Sud, con il fine di intensificare lo sforzo bellico. Proprio in risposta all’escalation del conflitto Nhất Hạnh diede il via alla pubblicazione di articoli che proponevano le sue idee sulla via da percorrere per raggiungere un accordo pacifico tra il Vietnam del Sud e quello del Nord, in nome della comune fratellanza nazionale. Questa presa di posizione pubblica contro la guerra provocò il malcontento di molti membri influenti della comunità monastica buddhista che reagì prontamente sospendendo la pubblicazione del giornale in questione. Gli appelli alla riconciliazione tra le due parti belligeranti portarono infine alla censura in blocco degli scritti di Nhất Hạnh da parte di entrambi i governi, del Sud e del Nord, intenzionati a non tollerare alcun tentativo di pacificazione in vista dello scontro frontale della guerra.

Nel 1965 Nhất Hạnh, sempre più isolato all’interno del Vietnam, andò convincendosi della necessità di cercare il sostegno dell’opinione pubblica internazionale. A questo scopo scrisse assieme ad altri intellettuali vietnamiti delle lettere aperte rivolte ad alcuni esponenti di spicco dell’umanismo mondiale, affinché facessero sentire pubblicamente la loro voce contro la guerra del Vietnam e a favore di una soluzione pacifica. La lettera di Thích Nhất Hạnh, intitolata: “Serching for the Enemy of Man”40, era indirizzata al premio Nobel per la pace, il reverendo americano Martin Luther King Jr.

[…] nemici non sono gli uomini. Sono l’intolleranza, il fanatismo, il dispotismo, la cupidigia, l’odio e la discriminazione che si trovano nel cuore degli uomini. […] Sono questi i veri nemici dell’uomo – non l’uomo stesso.   Nella nostra sventurata patria, noi stiamo tentando disperatamente di convincere che non si deve uccidere l’uomo, neanche nel suo stesso nome.. Uccidete, vi prego, i veri nemici dell’uomo, che sono dappertutto, nel nostro stesso cuore e nelle nostre menti.41.

Nello stesso anno pubblica in America con la casa editrice Hill and Wong uno dei testi più importanti per la comprensione della guerra del Vietnam: Vietnam: a lotus in the sea of fire (pubblicato in italiano nel 1967 con il titolo Vietnam, la pace proibita), stampato clandestinamente e fatto circolare in Vietnam come atto di resistenza, dai simpatizzanti di Nhất Hạnh anche a costo della propria incolumità42.

La sola iniziativa di Thích Nhất Hạnh che l’UBCV rifiutò definitivamente, o meglio non volle nemmeno prendere in considerazione, fu quella dell’istituzione dell’Ordine Tiếp Hiện (inglese Order of Interbeing, italiano Ordine dell’Interessere), un nuovo ramo della scuola Lâm Tế Thiền in cui i laici potevano venir ordinati a fianco dei monaci.

L’immagine di qualcosa di simile a dei monaci ordinati che fossero però uomini e donne laici, anche sposati, era troppo da accettare per il Sangha conservatore vietnamita. Nhất Hạnh però considerava l’istituzione di quest’ordine innovativo fondamentale e necessario per la realizzazione di quella riforma del buddhismo vietnamita, che a sua volta avrebbe favorito la realizzazione delle riforme sociali e la pacificazione del paese. Perciò, come aveva già fatto in precedenza, proseguì in questo suo intento senza l’appoggio ufficiale dell’istituzione buddhista vietnamita e il 5 febbraio del 1966, Nhất Hạnh ordinava i primi sei membri del nuovo ordine religioso, la cui importanza e il cui significato si sarebbero compresi fino in fondo solo nel lungo termine. Come abbiamo visto quest’ordine non era stato concepito né monacale né laico, e sebbene basato sulla dottrina buddhista e appartenente di fatto alla tradizione buddhista vietnamita, si proponeva come sostanzialmente a-confessionale e anti-ideologico, proprio perché Nhất Hạnh aveva individuato nel dogmatismo, incarnato dallo scontro ideologico, la radice del conflitto e della violenza del proprio tempo. Si trattava di una comunità – aperta a tutti coloro che vi avessero voluto aderire, uomini e donne – di praticanti secondo i principi del buddhismo, in nome di un comune impegno a realizzare una vita comune posta al servizio degli altri, della società.

Ciò che legava i membri dell’ordine era l’adesione formale, cerimoniale, a quattordici addestramenti43, che Nhất Hạnh era andato sviluppando fin dall’inizio degli anni ‘60 per prendere il posto delle molte centinaia di precetti che regolavano, e regolano, la vita dei monaci e delle monache buddhisti in tutto il mondo. Il senso di questa riforma dei precetti tradizionali era quello di esprimere il significato profondo degli insegnamenti del Buddha, in una forma però più utile e più efficace nella realtà contemporanea44.

I 14 addestramenti incorporavano il cuore degli insegnamenti etici che tutti i buddhisti sono invitati ad onorare, assieme agli insegnamenti specificamente sviluppati da Nhất Hạnh sulla propria esperienza atti ad esprimere la filosofia del buddhismo impegnato45.

Il 1 maggio del 1966 nel tempio di Từ Hiếu Thích Nhất Hạnh, con cerimonia tradizionale, ricevette la “trasmissione della Lampada” dal suo maestro radice Chân Thật. Il rituale sanciva il riconoscimento della maturità raggiunta nella conoscenza della dottrina buddhista e la capacità di diffusione del Dharma, rendendolo ufficialmente un insegnante del Dharma.

L’anno 1966 vide un ulteriore accentuarsi del conflitto, con crescente aumento delle forze in campo e di conseguenza degli scontri e delle violenze subite dalla popolazione civile. Il movimento buddhista promosse nuove ondate di proteste, questa volta con la richiesta precisa di ottenere le libere elezioni da lungo tempo promesse, ma mai realizzate. Dopo che ebbe accettato, il governo, per cercare di assicurarsi il favore del risultato elettorale, diede inizio a una campagna di arresti a tappeto, che oltre a comprendere molti leaders buddhisti, giunse a coinvolgere alcuni ufficiali anziani dell’esercito nazionale, ritenuti politicamente scomodi46. La tensione e lo sconforto della popolazione erano al culmine mentre i combattimenti tra i due schieramenti si stavano inasprendo, soprattutto a scapito dei contadini.

Nhất Hạnh non si lasciò scoraggiare da questi avvenimenti, poiché continuava a sentire la responsabilità di rispondere al grido d’aiuto proveniente dalla popolazione agonizzante. Proprio in quel periodo alcune regioni, che già erano il palcoscenico di combattimenti intensi, vennero colpite da un’eccezionale inondazione. Appresa la notizia, Nhất Hạnh e Cao Ngọc Phượng, decisi a recarsi dove la sofferenza era più grande e dove altre forme di aiuto non sarebbero giunte, organizzarono in tutta fretta un gruppo di giovani del Servizio Sociale per recarsi a portare medicinali e generi di prima necessità47.

Nel Marzo 1966 giunse a Nhất Hạnh l’invito da parte dell’americana Cornell University a tenere un simposio sul buddhismo vietnamita, al termine del quale sarebbe seguito un ciclo di incontri e conferenze pubbliche, pianificato dall’organizzazione pacifista non-violenta Fellowship of Reconciliation, allo scopo di presentare all’opinione pubblica americana il punto di vista della popolazione vietnamita sulla guerra in corso. Si intendeva dare voce a “the aspirations & the agony of the voiceless masses of the Vietnamese people of all faiths.”48, di quella maggioranza, composta principalmente da contadini, che non era schierata con nessuno dei belligeranti, che non era ideologicamente allineata né con i comunisti né con gli anti-comunisti, ma che chiedeva disperatamente una sola cosa: la fine dei bombardamenti, la conclusione della guerra.

La situazione in Vietnam era diventata a tal punto disperata che l’uomo comune vietnamita, riposto il sogno dell’indipendenza e di una maggiore giustizia sociale, non avanzava ora altra richiesta se non quella di poter sopravvivere.

Rimanere in Vietnam era diventato troppo pericoloso per Nhất Hạnh e le possibilità di azione e riforma si erano ridotte al minimo a causa dell’inasprimento del conflitto e della repressione interna al Vietnam del Sud.

In questo clima di paura e sospetto anche molti monaci buddhisti furono vittime di arresti, violenze e uccisioni49.

Così, sempre nel 1966, sotto l’esortazione dei suoi compagni monaci, Nhất Hạnh accettò l’invito da parte del Fellowship of Reconciliation e della Cornell University perché riteneva che la vera voce del popolo vietnamita non era rappresentata da alcuno schieramento e la situazione in Vietnam era giunta ad un punto di non ritorno. Di fronte a tutti i progetti e le idee di riforma che Nhất Hạnh aveva coltivato negli ultimi anni, ora la priorità era diventata una sola porre fine alla guerra e alla sue conseguenze. Il viaggio negli Usa diventava necessario perché senza la fine del conflitto, tutti gli altri aspetti del lavoro di riforma non sarebbero stati possibili.

Il 2 maggio del 1966, Nhất Hạnh si accinse a partire per gli Stati Uniti con l’idea di rimanervi poche settimane: il tempo di diffondere nell’opinione pubblica americana un quadro realistico della situazione in Vietnam. Lasciando il Vietnam, cedeva alla sua fidata collaboratrice Cao Ngọc Phượng e al monaco Thích Thanh Vân l’incarico di prendersi cura della SYSS.

Il secondo viaggio in America di Nhất Hạnh prevedeva un calendario molto fitto di discorsi pubblici e incontri privati allo scopo di sensibilizzare l’opinione internazionale in favore di una tregua delle ostilità seguita da negoziati pacifici

Meno di un mese dopo Nhất Hạnh incontrò Thomas Merton50, il primo di una lunga serie di colloqui con personalità di spicco americane che avrebbero rappresentato un passo importante nell’affermazione internazionale del ruolo di Nhất Hạnh sia come attivista sia come intellettuale51.

L’incontro con il famoso padre trappista e mistico cattolico, avvenne al monastero dei Gethsemani, dove viveva Merton, vicino a Louisville, nel Kentucky. Merton rimase molto colpito fin dal primo momento dalla pratica e dal messaggio di Nhất Hạnh, riconoscendo l’intima vicinanza di monastico contemplativo. In seguito a questo incontro, Merton scrisse un breve testo intitolato Nhat Hanh is my brother52 che costituisce l’appassionata preghiera di ascoltare con attenzione la testimonianza che il maestro vietnamita aveva da offrire, le proposte per la pace che aveva formulato per una soluzione politica e pacifica alla guerra, nate dalla sua esperienza diretta nella difesa della pace.

Grazie alle sue capacità comunicative e alla popolarità raggiunta nell’ambito intellettuale accademico, Nhất Hạnh fu in grado di avere degli incontri privati anche con alcuni influenti membri della Casa Bianca e del Senato, come il senatore Edward Kennedy, il senatore William Fulbright, uno dei maggiori critici della guerra, e il Segretario della Difesa Robert McNamara, al contrario, uno dei più convinti sostenitori della guerra. Venne ospitato in molte occasioni da televisioni e stazioni radiofoniche statunitensi.

Invitato ad un importante convegno alla Town Hall di New York, lesse le proprie poesie contro la guerra assieme a Robert Frost e Arthur Miller.

Ma l’incontro più importante avvenne nel giungo del 1966, ed è quello col reverendo Martin Luther King Jr. È un incontro che cambiò la storia degli Stati Uniti e di conseguenza del resto del mondo. Nhất Hạnh gli aveva già rivolto un appello l’anno precedente, durante una conferenza stampa tenuta a Chicago. Ma in questa occasione, in quel colloquio memorabile, Nhất Hạnh convinse il pastore King, che già coltivava questo desiderio dentro di sé da lungo tempo ma ne temeva le conseguenze politiche, ad esporsi e prendere una posizione pubblica contro la guerra del Vietnam, unendo di fatto questo impegno pacifista a quello per i diritti civili della popolazione di colore americana. Grazie all’adesione di King, l’opinione pubblica americana e il movimento pacifista subirono una forte scossa.

Il primo giugno del 1966, fu il turno di Washington D.C. dove Nhất Hạnh aveva predisposto una conferenza stampa. Fu in questo contesto che il monaco vietnamita espose la sua famosa proposta di pace in cinque punti, che ebbe importanti ripercussioni sulla possibilità di un suo prossimo rientro in patria. Il contenuto della proposta risultò molto ardito poiché muoveva dal presupposto che non solo le radici della guerra in Vietnam si trovassero negli Stati Uniti, ma che gli Stati Uniti stessi fossero gli unici in grado di dare una svolta alla situazione. L’appello si rivolgeva perciò al governo statunitense, al presidente Lyndon B. Johnson e al suo Gabinetto, con le seguenti richieste53:

  1. fare una dichiarazione chiara del proprio desiderio di aiutare il popolo vietnamita a stabilire un governo genuinamente sensibile alle aspirazioni vietnamite.

  2. porre fine ai bombardamenti.

  3. limitare le proprie azioni ad un ruolo puramente difensivo.

  4. dimostrare in maniera convincente la propria intenzione di rimpatriare le proprie truppe in un tempo determinato.

  5. offrire un aiuto gratuito alla ricostruzione, libero da riserve ideologiche o politiche.

Immediatamente dopo questo appello pubblico per una tregua unilaterale e per il ritiro delle truppe americane, quello stesso giorno, il governo del Vietnam del Sud denunciò pubblicamente Thích Nhất Hạnh come traditore54.

Dopo questi eventi, sebbene Nhất Hạnh avesse pianificato di rientrare in Vietnam subito dopo il tour di conferenze, per i suoi amici in patria come per la leadership buddhista vietnamita era chiaro che un eventuale ritorno in patria nel breve periodo lo avrebbe esposto a sicure ritorsioni e violenze. Sebbene non si fosse potuto prevedere né da parte di Nhất Hạnh né dal suo entourage, quell’evento avrebbe segnato l’inizio di un esilio di quasi quarant’anni. La presa di posizione pubblica, definitiva, di non volersi schierare con nessuna della parti in causa, aveva infatti portato Nhất Hạnh ad inimicarsi profondamente entrambi gli schieramenti.

In un primo momento perciò l’UBCV gli chiese, in via precauzionale, di rimandare il rientro e, data la sua non comune capacità comunicativa, di rimanere negli U.S.A. come portavoce del movimento per la pace dei buddhisti vietnamiti.

Martin Luther King Jr. nel gennaio 1967, ormai votato all’unione delle due cause, quella dei diritti civili e quella della fine della guerra del Vietnam, ancora colpito dalle personalità e dal punto di vista di Nhất Hạnh sulla pace scrisse una lettera pubblica per chiederne la nomina per il premio Nobel per la Pace, sostenendo: “I know of no one more worthy of the Nobel Prize than this gentle monk from Vietnam. His ideas for peace, if applied, would build a monument to ecumenism, to world brotherhood, to humanity”. Questo gesto clamoroso da parte del reverendo King, una lettera che esprimeva nel contenuto l’alta considerazione e la stima che King nutriva per Thích Nhất Hạnh e per la sua missione, costituì al contempo una violazione del tradizionale iter per l’assegnazione del premio, secondo la quale non dovrebbero essere rivelati pubblicamente i nominativi dei candidati55. In ogni caso la commissione prese la decisione di non assegnare alcun premio Nobel per la pace in quell’anno 1967.

Il 4 aprile, alla chiesa di Riverside a New York, il reverendo King tenne il suo sermone più famoso sull’opposizione alla guerra in Vietnam, che con il titolo di “Beyond Vietnam” 56, resterà uno dei suoi più eloquenti, potenti e profetici discorsi, con un’interessante chiave interpretativa di interrelazione tra la sofferenza del popolo vietnamita e quella del popolo americano, esattamente un anno prima del suo assassinio.

Dopo questa intensa esperienza americana, il maestro vietnamita continuò il suo viaggio di sensibilizzazione verso la situazione vietnamita in Europa, dove incontrò molti capi di stato e membri della Chiesa Cattolica, come il cardinale francese Jean Daniélou. Riuscì ad ottenere anche due udienze con Papa Paolo VI, verso il quale nutriva una grandissima speranza per una possibile collaborazione, che auspicava fosse sancita pubblicamente dal Santo Padre, tra la comunità cattolica e quella buddhista in favore della pace e la ricostruzione in terra vietnamita.

Nell’anno 1968, mentre Nhất Hạnh continuava i suoi importanti incontri, come quello con il Segretario Generale dell’ONU U Thant, iniziavano a Parigi i colloqui di pace tra gli Stati Uniti e il Vietnam del Nord. Trattative che si sarebbero protratte per i futuri cinque anni, senza alcuna interruzione del conflitto.

Nhất Hạnh venne chiamato a presiedere la Delegazione Buddhista per la Pace promossa dal Overseas Vietnamese Buddhist Association, che aveva sede a Parigi. Di fatto non fu concesso alla delegazione buddhista guidata da Thích Nhất Hạnh di partecipare ai colloqui assieme alle altre quattro delegazioni ufficiali57. Ma nonostante non le fosse stato riconosciuto alcun ruolo formale, riuscì comunque a contribuire al processo di pacificazione. In particolare, il gruppo di lavoro guidato da Cao Ngọc Phượng e Nhất Hạnh, che ne frattempo teneva anche delle lezioni alla Sorbona, riuscì a farsi tramite della raccolta e diffusione delle informazioni censurate provenienti dalla realtà vietnamita. Si fece inoltre promotore della raccolta degli aiuti umanitari in favore degli orfani vietnamiti e delle famiglie in difficoltà.

Nel 1969 Nhất Hạnh fondò a Parigi, la Unified Buddhist Church (francese Èglise Bouddhique Unifiée), formalmente slegata all’UBCV.

In un piccolo ufficio nella periferia di Parigi vivevano i pochi membri della Buddhist Peace Delegation, il cui compito principale era quello di informare l’opinione pubblica internazionale sugli avvenimenti vietnamiti e sulle condizioni della popolazione, notizie che di norma erano censurate oppure non venivano riportate.

Era considerato di fondamentale importanza da parte del gruppo di Nhất Hạnh far sapere in Occidente come la fame si stesse diffondendo nel popolo, sia nelle campagne che nelle città, gli atti di resistenza, come il diffuso rifiuto della leva militare, e non da ultimo denunciare i numerosi arresti e le torture che continuavano a subire i monaci e le monache buddhisti58.

Il progetto che li vedeva più impegnati però era la continua ricerca di fondi per aiutare la grande massa di bambini rimasti orfani a causa della guerra, molti dei quali erano sotto le cure e l’ospitalità delle monache buddhiste, all’interno di centri di assistenza, più o meno improvvisati, sparsi in tutto il paese.

Ciò che veniva chiesto a coloro che accettavano di sostenere la causa degli orfani vietnamiti era di corrispondere periodicamente, a scadenze regolari, una modica cifra, in grado di sostenere un solo bambino. In cambio lo staff parigino, guidato Cao Ngọc Phượng e da Nhất Hạnh, si impegnava a tradurre costantemente le richieste e le lettere della famiglie vietnamite in modo che ci fosse una comunicazione diretta tra chi aiutava, in Europa e negli Stati Uniti, e chi era aiutato, rendendo così viva la percezione del legame umano che li univa. I contributi raccolti a Parigi e inviati all’UBCV erano poi da questo girati alle monache che li amministravano direttamente sul campo.

Cao Ngọc Phượng, che al tempo si occupava della corrispondenza e dell’amministrazione del progetto, sostiene nella sua autobiografia che alla fine della guerra nel Vietnam erano riusciti a mettere assieme più di 20.000 persone contribuenti all’iniziativa tra Europa e Stati Uniti59.

I.6 – Anni ‘70

Siamo nel 1971, quando, con estremo anticipo rispetto alla popolarità che raggiungerà il tema negli anni a venire, Nhất Hạnh espose a Parigi pubblicamente un nuovo progetto rivolto a sensibilizzare l’attenzione della gente verso il valore del pianeta Terra e la ricerca, di conseguenza, di strategie per un progresso che non intacchi e non vada a minare le risorse e l’ambiente necessari per la sopravvivenza del genere umano. A questa iniziativa diede il nome di Dai Dong: La grande fratellanza60.

In quello steso anno accettò l’invito a presentare una relazione di fronte al Congresso americano.

Furono però anche tempi molto difficili per Nhất Hạnh, da vivere come attivista esiliato, come militante lontano dal proprio terreno d’azione, la propria patria. Lontano dal proprio popolo e sempre più emarginato dal movimento pacifista rampante, Nhất Hạnh appariva diverso, rispetto a pochi anni prima, agli occhi e nella testimonianza dell’amico Jim Forest61, depositata nel libretto Only the rice loves you62. Ma questa depressione in cui Forest trovò l’amico Nhất Hạnh nell’estate del 1972 era legata anche a due eventi particolarmente tragici, la morte dell’amico intimo Thích Thanh Vân in Vietnam e l’emergere di correnti aggressive all’interno del movimento per la pace.

Thích Thanh Vân era il monaco che aveva sostituito Nhat Hanh alla direzione del SYSS, dopo la sua partenza per gli Stati Uniti. Era morto mentre ritornava da una missione umanitaria a Suoi Hgne, in un incidente stradale nel quale era coinvolto un autocarro dell’esercito americano. A testimonianza del grande impegno e della grande riconoscenza che la popolazione aveva nei suoi confronti, in migliaia si recarono al suo funerale. Ma Thích Thanh Vân non era solo un validissimo organizzatore delle attività della Scuola, al pari di Cao Ngọc Phượng, egli era anche uno degli studenti più amati da Thích Nhất Hạnh e come disse a Forest: “He cannot be replaced”63. Questa afflizione e questo lutto vissuti da Nhất Hạnh sono significativi del legame affettivo che nutriva verso la sua terra e i suoi compagni nonostante l’enorme distanza. Tanto più che l’afflizione cresceva proprio per l’impossibilità di essere vicino ai suoi amici, collaboratori e studenti in quel momento di arduo lavoro e continui pericoli a cui erano esposti quotidianamente.

Il secondo motivo di disagio era causato invece dalle difficoltà che progressivamente Nhất Hạnh andava incontrando nella sua vocazione all’attivismo pacifista di matrice radicalmente nonviolenta, nel momento in cui il grosso del movimento stava invece deviando verso una rotta maggiormente aggressiva.

Nel primo periodo, quando il conflitto era solo al suo esordio, l’opinione pubblica americana aveva mostrato maggiore interesse per il fenomeno della lotta nonviolenta dei buddhisti vietnamiti. Ed é proprio sull’onda della diffusione di questo ideale buddhista che molti americani avevano deciso di prendere parte al movimento pacifista. Ma nel tempo l’attitudine alla nonviolenza e in particolare la matrice buddhista di questa visione erano andati scemando. Di fronte all’inasprimento della guerra, alla diffusione delle notizie delle tragedie provenienti dalla terra vietnamita, anche il fronte di protesta popolare contro la guerra si era esasperato.

La critica che veniva mossa ai buddhisti da parte dei capi del movimento per la fine delle ostilità era quella di aver insistito troppo sulla richiesta della tregua, dimostrando così un atteggiamento, a dir loro, filo-americano. Qualcuno arrivò ad insinuare che il movimento dei monaci buddhisti vietnamiti nascondesse dei legami con la CIA. Thích Nhất Hạnh stava venendo emarginato per le su posizioni politiche, perché con il passare del tempo aveva posto troppa enfasi sulla necessità dell’immediata cessazione delle attività belliche e sulla riconciliazione tra gli schieramenti, e non sulla critica alla politica americana o sul futuro politico del Vietnam del Sud, che la maggior parte dei manifestanti voleva ora unicamente comunista. La possibilità di una Terza Via era stata esclusa e si parteggiava solo a favore del Davide vietnamita contro il Golia statunitense.

Nel 1973, anno in cui Nhất Hạnh diede vita al Comitato buddhista per la ricostruzione e lo sviluppo sociale, in vista di un’imminente conclusione della guerra, ricevette un invito urgente da parte dell’UBCV per recarsi a Bangkok, dove avrebbe incontrato i responsabili della Chiesa Buddhista e progettato assieme a loro il contributo del mondo buddhista alla futura ricostruzione materiale e sociale del Vietnam64. Fu durante questo importante meeting con i vertici dell’UBCV che si apprese la notizia della firma a Parigi degli Accordi di Pace tra Stati Uniti e Vietnam del Nord: atto che sancì la fine del coinvolgimento americano nella guerra del Vietnam.

Inizialmente i piani dell’impegno buddhista predisposti a Bangkok a sostegno della popolazione riscossero un successo inaspettato. In particolare fu proprio il progetto del SYSS a godere di un eccezionale sviluppo grazie alla collaborazione di monaci e monache volenterosi di portare il loro contributo alla causa della ricostruzione in ogni provincia del paese. A testimonianza di questa incredibile crescita della Scuola, Cao Ngọc Phượng fa notare come di fronte alla presenza di settanta centri di assistenza nel 1973, nel gennaio 1975 i centri fossero già diventati lo stupefacente numero di trecento65.

Ma a breve questi successi erano destinati ad essere marginalizzati, poiché la politica del nuovo governo comunista, con la presa del potere al sud dopo la caduta di Saigon nel 1975, era dichiaratamente sfavorevole ad ogni coinvolgimento della sfera buddhista nella ricostruzione del paese. Al contrario tutte le differenti correnti buddhiste furono costrette all’interno di un’unica Chiesa ufficiale controllata dallo Stato (inglese Buddhist Church of Vietnam – BCV), e i monaci che non si sottomisero a questo provvedimento finirono sottoposti agli arresti domiciliari all’interno di pagode, privati della possibilità di comunicare con l’esterno66.

Il governo comunista infine rifiutò in maniera categorica a Thích Nhất Hạnh il permesso di rientrare in patria, sancendo in questo modo il suo ruolo a tempo indeterminato di “attivista in esilio”67.

L’esilio lo avrebbe messo, di fatto, nelle condizioni di continuare e intensificare la sua funzione di emissario della pace nel resto del mondo, senza giungere mai a fargli perdere il contatto con la cultura, con il popolo e con la terra vietnamiti.

Un anno dopo, nel dicembre del 1976, Nhất Hạnh fu invitato alla World Conference on Religion and Peace (WCRP)68 che si teneva a Singapore. Fu in quest’occasione che egli venne a conoscenza di una nuova realtà drammatica causata dalla fine della guerra del Vietnam e non riportata dai mezzi di informazione: la tragica situazione dei boat-people. Migliaia di profughi vietnamiti avevano lasciato il Vietnam del Sud nel momento della vittoria dei comunisti e si trovavano ora ospitati in condizioni penose nei campi profughi di Thailandia, Malesia, Indonesia, Hong Kong e Singapore, mentre un gran numero era ancora in mare aperto, nel Golfo del Siam, privi di viveri e di assistenza sanitaria, alla mercé delle violenze della pirateria.

Questi profughi, su quelle che oggi chiameremmo carrette del mare, mezzi natanti appena in grado di galleggiare e non appropriati per la navigazione in alto mare, non avevano alcuna possibilità di essere accolti da alcun paese costiero a causa del rispetto della quota d’immigrazione ed erano perciò destinati a morire di fame e di stenti al largo delle coste. Nessun paese era disposto ad ospitarli e i governi avevano deciso di adottare metodi duri per impedire lo sbarco dei disperati, arrivando a rigettare con la forza i profughi in mare se scoperti ad approdare senza autorizzazione.

Thích Nhất Hạnh stesso fu testimone di uno di questi respingimenti violenti in mare e il giorno immediatamente successivo, essendo quello deputato al suo intervento, ebbe l’occasione di lanciare un appello appassionato alla Conferenza in soccorso dei boat-people.

Seguì un’intensa discussione tra i rappresentanti presenti alla conferenza e si giunse alla conclusione di autorizzare l’organizzazione di un operazione di soccorso sotto la sua guida. Il piano era quello di recuperare i profughi in alto mare e trasportarli in Australia e nel Guam69.

Ebbe così inizio una delle pagine più penose e più travagliate dell’attivismo di Thích Nhất Hạnh, che si sarebbe conclusa con il fallimento di un progetto troppo grande e privo del sufficiente sostegno politico internazionale.

In un primo momento l’organizzazione sembrò procedere in maniera positiva contro ogni pronostico. In poche settimane Nhất Hạnh era riuscito a raccogliere più di 200.000 dollari. Con questi soldi aveva potuto noleggiare a tempo di record due navi con le quali ospitare più di 800 profughi.

I problemi nacquero nel momento in cui nei campi profughi della Thailandia e della Malesia, a causa di una fuga di notizie, si venne a conoscenza dell’operazione di soccorso. I rifugiati iniziarono ad abbandonare i campi, dove avevano trovato ospitalità dal 1975, inseguendo il sogno di una situazione migliore, grazie all’intervento di Thích Nhất Hạnh. Questo stato di confusione dei campi profughi mise in agitazione la United Nations High Commissioner on Refugees che diede ordine immediato di bloccarne la fuga e criticò pubblicamente il progetto di salvataggio dei boat-people, arrivando ad accusare Nhất Hạnh di essere un agitatore. Questa condanna del progetto, da parte della maggiore autorità internazionale, provocò il ritiro del sostegno da parte World Conference on Religion and Peace, senza il quale la missione era destinata a fallire. Nel giro di tre mesi dall’inizio dell’operazione, Nhất Hạnh e i suoi collaboratori, privi di finanziamenti e di sostegno politico e di fronte all’ostilità dei governi della Thailandia e di Singapore, furono costretti, dopo i più estremi e disperati tentativi, nella più totale amarezza e nello sconforto, ad abbandonare i migliaia di boat-people al proprio destino70.

Dopo questa ennesima delusione, di fronte alla grande impotenza nel portare un aiuto concreto alle persone in difficoltà e in particolare ai suoi compatrioti, vittime della lunga guerra e con delle sue strazianti ripercussioni, Nhất Hạnh prese la decisione di ritirarsi dall’attività pubblica e, come nel periodo di Phương Bối in Vietnam alla fine degli anni’50, prendersi cura delle proprie ferite interiori e recuperare il proprio equilibrio. Ebbe così termine una lunga e densa stagione di impegno politico del monaco vietnamita, che per alcuni anni avrebbe preso una pausa dalla vita frenetica precedente, dai continui spostamenti, dagli incontri pubblici e privati, dalle conferenze stampa e da quell’attività instancabile di sensibilizzazione sulla situazione vietnamita, che ne avevano caratterizzato fino ad allora la presenza in Occidente. Si trattò di un periodo dedicato alla pratica, che vide ridotti al minimo gli incontri con eventuali ospiti. L’unico collegamento che Nhất Hạnh mantenne aperto con il mondo esterno passò essenzialmente attraverso i suoi scritti.

Per riprendersi dal profondo sconforto che aveva colpito Nhất Hạnh, ma anche i suoi amici e colleghi, c’era bisogno di un luogo appartato, lontano dalla vita vorticosa della città. Un luogo dove dedicarsi unicamente alle pratiche meditative e a quelle attività, facenti parte anch’esse del suo stile di vita spirituale, quali lo studio, la scrittura e il giardinaggio.

Questo luogo dove ritrovare se stessi fortunatamente esisteva gia. Pochi anni prima infatti, assieme al gruppo dei suoi collaboratori parigini, aveva investito del denaro nell’acquisto di un piccolo lotto di terreno vicino a Fontvannes, piccola località a sudovest di Parigi. Su questo appezzamento si trovavano una cascina diroccata e una stalla altrettanto fatiscente. Con l’aiuto dei compagni del movimento pacifista, avevano dedicato molti weekend nel restauro degli edifici al fine di creare un luogo che permettesse loro il ritiro e la meditazione durante il difficile periodo dei trattati di pace.. Dal 1975 la residenza era dunque stata restaurata, la stalla accanto all’edificio principale era stata adibita ad eremo, e dotata di tutti i servizi per permettere di essere abitata stabilmente. Un gruppo di undici persone vi si recò a vivere, ospitando il resto dei compagni durante i weekend. Nasceva così una nuova realtà comunitaria a cui venne dato il nome di Les Patates Douces (inglese Sweet Patatoes), il nome cioè di uno dei cibi più poveri e più popolari del Vietnam, a significare la relazione che il gruppo voleva mantenere con il popolo vietnamita in difficoltà71.

Caratteristica fondamentale e necessaria del luogo di ritiro era il fatto di essere calato in un meraviglioso ambiente naturale, che permetteva quella semplicità di vita che era stata lasciata nel Vietnam della giovinezza e che era stata fortemente stravolta dalla frenesia della vita cittadina occidentale e dalla preoccupazione per la situazione internazionale. Guarire le ferite dell’anima e approfondire la propria comprensione spirituale come era accaduto nella sua infanzia, ritrovando così il contatto col mondo naturale, coltivando la terra e passando molto tempo all’aria aperta nel verde dei prati e nel silenzio dei boschi.

Fu in questo frangente che Nhất Hạnh sviluppò l’idea di Comunità di Resistenza. Una comunità che avrebbe permesso di trovare il giusto equilibrio tra contemplazione e azione.

Il gruppo di compagni de Les Patates Douces infatti, col passare del tempo iniziò ad aprirsi richiamando diversi non-monaci e non-buddhisti, in particolare scrittori e artisti, in cerca a loro volta di un luogo di pace e di guarigione.

La comunità andò sviluppando delle caratteristiche peculiari, quali un certa dose di libertà, nel senso di una mancanza di eccessivo formalismo e di una forte gerarchia di autorità, ma anche uno stile di vita contraddistinto da una serie di pratiche ben definite, come la meditazione camminata e i pasti in consapevolezza.

Su tutto questo rimanevano fondamentali da una parte la presenza del maestro Nhất Hạnh e dall’altra l’importanza della bellezza paesaggistica dell’ambiente e del continuo contatto risanante con la natura.

La comunità di fronte all’impossibilità di essere utile all’enorme massa di vittime delle ingiustizie in Vietnam – anche il programma di far arrivare aiuti economici agli orfani vietnamiti, che comunque non si sarebbe mai fermato fino ai giorni nostri, aveva subito un forte rallentamento a causa della chiusura e opposizione del paese –, aveva deciso di impegnarsi nel recupero della calma interiore, di quell’equilibrio, senza i quali qualsiasi impegno futuro sarebbe stato precluso.

Un’attività che invece che la comunità non smise mai di far venire meno, fu quella di mantenersi uno dei pochi canali di ricezione e diffusione delle informazioni provenienti dal Vietnam riguardanti le violazioni dei diritti umani dentro il paese. Le informazione che gli attivisti erano in grado di recuperare venivano raccolte e archiviate meticolosamente al fine di costituire dei dossier da diffondere nell’opinione pubblica internazionale a discapito di un regime, quello comunista questa volta, che operava un grande censura su tutto ciò che avveniva all’interno del proprio territorio.

L’impegno più importante di questo periodo rimase senza dubbio quello sulla riflessione teorica e sulla costruzione pratica della realtà comunitaria. Sebbene non intraprendesse molti viaggi e incontrasse visitatori solo di rado, Thích Nhất Hạnh era il cardine di questo nuovo progetto in fieri. La nuova missione, in questa fase in cui il gruppo viveva grosse difficoltà a comprendere la propria collocazione sul piano dell’azione sociale, lontani da casa, lontani da tutto, diventava quella di dare vita a una comunità stabile di persone che dimostrasse l’effettiva possibilità di condurre una vita qualitativamente alta e che “Life is possible, a future is possible” anche in un periodo oscuro e di difficile interpretazione del proprio ruolo nel mondo72.

I.7 – Anni ‘80

La proposta di pratica de Les Patates Douces incontrò un successo sempre più largo e il numero di persone alla ricerca di quelle condizioni ideali e dello stile di vita proposto dalla comunità andò crescendo costantemente negli anni, fino a che, con il primo ritiro estivo del 1981, si dovette prendere atto che quel luogo non poteva più soddisfare la richiesta di ospitalità. Fu così che nel 1982 Nhất Hạnh e Cao Ngọc Phượng presero la decisione di cercare un’altra proprietà nel sud della Francia, dove il clima avrebbe avuto caratteristiche più simili a quelle vietnamite e dove la disponibilità e il prezzo delle proprietà sarebbe stato molto favorevole a causa dell’esodo rurale verso le grandi città che aveva colpito quelle zone durante gli anni ’50 e ’60.

Nel giro di poco tempo essi trovarono ciò che faceva al caso loro e acquistarono venti acri di terreno di boschi e colline comprendente anche tre caratteristici edifici in pietra a Thénac nella Dordogna, vicino a Bordeaux73. Successivamente, dietro la richiesta di alcune famiglie di rifugiati vietnamiti di trasferirsi da loro, comprarono, sempre nella stessa zona, un’altra proprietà dove sarebbe stato possibile coltivare la terra. Chiamarono questi due luoghi Upper Hamlet e Lower Hamlet74, mentre all’intero progetto comunitario venne dato il nome di Plum Village (francese Village des Pruniers, in vietnamita Làng Mai) 75. Il nome questa volta derivava dalla volontà di piantare un gran numero di alberi di prugne, tipici della zona, e dalla cui coltivazione e vendita si sarebbe potuto ottenere un ricavato da devolvere con cadenza regolare interamente in favore dei bambini orfani in Vietnam e in altri paesi sottosviluppati.

Vennero quindi piantati 1200 alberi di prugni, molti dei quali comprati attraverso donazioni di bambini, che nel 1992 producevano sei tonnellate di frutti all’anno.

Nasceva così la grande comunità di Plum Village, luogo di residenza stabile del monaco Nhất Hạnh e progetto destinato ad affermarsi e crescere espandendosi anche concretamente con l’acquisto e l’edificazione di nuove proprietà e l’ampliamento delle vecchie. In Plum Village trovava realizzazione il sogno coltivato fin dai tempi della comunità di Phương Bối in Vietnam alla fine degli anni ’50.

All’inizio la funzione principale della comunità fu quella di ospitare ritiri per tutte le persone alla ricerca di una rinascita spirituale. Dal centinaio di ospiti del 1982, anno di fondazione, si arrivò a superare il migliaio di persone provenienti da tutto il mondo già nell’estate del 1991.

Nel 1987, la proprietà di Lower Hamlet, dove prima abitavano le famiglie di rifugiati vietnamiti, divenne il primo luogo ad ospitare stabilmente una comunità residenziale di monaci e monache vietnamiti. Venne concessa inoltre la possibilità di risiedere in quel luogo anche ad alcuni laici che chiedevano di poter vivere e praticare accanto al maestro vietnamita. Egli colse questa dimostrazione di interesse per elaborare un programma di istruzione, della durata di quattro anni, al fine di preparare alcuni insegnanti di Dharma (Dharmacharyas) come “agenti di trasformazione” per i loro stessi paesi di provenienza76.

L’interesse per la comunità di Plum Village e per la pratica, sviluppata da Thích Nhất Hạnh, che in quel posto veniva proposta, andò crescendo anno dopo anno. Attualmente la comunità é composta da cinque Hamlets separati e distanti tra loro, che ospitano inoltre una cospicua comunità monastica residenziale77.

Nello stesso anno della fondazione di Plum Village, dopo aver vissuto per cinque anni ritirato dall’attività pubblica, Thích Nhất Hạnh intraprendeva un nuovo viaggio negli Stati Uniti. Un viaggio che avrebbe dato il via a una nuova fase della sua vita e all’assunzione di un ruolo pubblico ancora maggiore rispetto al passato. Questa nuova popolarità, iniziata in quel periodo e a tutt’oggi in crescita, sarà uno dei motivi dell’enorme interesse di cui é oggetto la comunità e lo stile di vita di Plum Village.

Nel 1982 infatti, Nhất Hạnh accettò l’invito a partecipare alla conferenza Reverence for Life a New York. In quest’occasione non solo poté entrare in contatto personale con i maggiori leaders del buddhismo in Occidente, ma il successo riscosso dal suo intervento gli fece anche comprendere, per la prima volta chiaramente, il crescente interesse che questo paese, e assieme ad esso l’intero mondo Occidentale, nutriva per le pratiche meditative orientali e per l’insegnamento buddhista. Vennero dunque presi accordi per un nuovo viaggio l’anno seguente in cui Nhất Hạnh avrebbe guidato un ciclo di ritiri sul Buddhadharma e sul lavoro per la pace78. La risposta ai suoi incontri fu a tal punto entusiastica che da quel momento in poi sarebbe tornato negli Stati Uniti con cadenza annuale per tenere le sue lezioni.

Mentre la sua fama andava aumentando, nel corso degli anni i viaggi si moltiplicarono e, dato il crescente numero di richieste, assieme ad essi aumentava il numero delle destinazioni dall’Europa all’Australia, al Medio Oriente, fino al recente successo anche in diversi paesi dell’Asia.

Il Caso dell’Australia è emblematico, poiché il primo viaggio, risalente al 1986, rispondeva all’invito da parte del Buddhist Peace Felloship locale, formata di immigrati rifugiati vietnamiti, che chiedevano a Nhất Hạnh di offrire loro sostegno e aiutarli a mantenere le proprie radici culturali. In molti casi dunque furono le comunità vietnamite emigrate in tutto il mondo a costruire le prime comunità di pratica legate alla tradizione di Plum Village. Col passare del tempo però il Sangha australiano iniziò ad espandersi, includendo i praticanti australiani, che oggi costituiscono la maggioranza.

Le attività che il maestro e i monaci di Plum Village svolgevano durante i tour, comprendevano lezioni di Dharma, interventi nel contesto di grandi eventi, incontri pubblici e privati, laboratori su temi specifici, giornate di consapevolezza, ritiri di più giorni, marce per la pace e interviste rilasciate ai diversi media.

Oltre alla maggior parte degli incontri di ordine generico e aperti a tutti, Nhất Hạnh iniziò a condurre anche ritiri focalizzati su specifiche categorie di persone come quelli dedicati ai veterani americani della guerra del Vietnam, agli operatori sociali e agli ambientalisti, ma anche incontri rivolti a psicoterapeuti, malati di mente, uomini d’affari, reclusi negli istituti penali e ufficiali di polizia.

Tutto questo periodo dedicato all’insegnamento, venne accompagnato da un’intensa e crescente attività di scrittura e pubblicazione di saggi e di raccolte di lezioni (in inglese Dharma-Talks), trascritte puntualmente dai suoi collaboratori.

Ricordava a proposito Arnold Kotler, nell’introduzione al saggio Essere Pace (titolo originale Being Peace), apparso per la prima volta negli Stati Uniti nel 1987: “L’idea di questa raccolta è nata quando ci siamo accorti del profondo effetto che la presenza di Nhất Hạnh e le sue parole producevano negli ascoltatori. I suoi insegnamenti forniscono un valido antidoto alle nostre vite indaffarate e al nostro modo etnocentrico di vedere le cose. È una gioia aver potuto pubblicare questo libro per diffonderne gli insegnamenti.”79.

Qualcosa di nuovo era dunque accaduto nella vita di Nhất Hạnh che lo avrebbe portato a rivestire un nuovo ruolo, una nuova funzione, e prese forma nei suoi continui viaggi per condurre ritiri, offrire letture e laboratori sull’arte di vivere in consapevolezza e sulla responsabilità sociale individuale.

Fino all’inizio degli anni ’80, la sua personale ricerca di comprensione e approfondimento della pratica e della teoria del buddhismo era finalizzata ad elaborare un modo “moderno” di pratica per i buddhisti e un sostegno efficace all’impegno sociale, all’azione assistenziale nella società. Ma, dopo questi due avvenimenti, la costruzione di una comunità alla quale anche esterni potevano partecipare e la scoperta delle dimensioni dell’interesse degli occidentali per la meditazione e per una pratica – ma anche una nuova etica, una nuova visione del mondo – che ne migliorasse la qualità della vita, Thích Nhất Hạnh si trovo ad assumere una nuova veste, quella di Maestro, di guida e diffusore del Dharma e della pratica buddhista nel mondo occidentale.

L’impegno veniva ora posto sullo sviluppo di una pratica efficace per aiutare l’uomo della società capitalista e consumista occidentale, per aiutare a prendersi cura delle ferite caratteristiche dell’uomo occidentale quali l’ansia e l’alienazione.

Il suo lavoro riuscì a creare, come pochi altri, una profonda connessione spirituale tra Est e Ovest, il cui risultato fu l’esponenziale aumento di interesse nelle pratiche e nella filosofia da lui proposte, considerate coerenti con la tradizione buddhista ma appropriate per la moderna società occidentale.

Il percorso era iniziato avvertendo la necessità di trasformare la società vietnamita attraverso la riforma del buddhismo. Era continuato poi nel cercare di sensibilizzare l’opinione pubblica americana sperando di facilitare la fine della guerra in patria. Ed ora la sua la sua missione attuale, rivolta ad un pubblico potenzialmente senza confini, nell’era della globalizzazione, si concentrava sulla pacificazione con se stessi e sulla interconnessione globale. Il messaggio venne chiaramente e sinteticamente espresso nel saggio Essere Pace con queste parole: “Buddhismo impegnato non significa soltanto usare il Buddhismo per risolvere i problemi politici e sociali, per protestare contro le armi nucleari e l’ingiustizia sociale. Prima di tutto occorre portare il Buddhismo nella vita di ogni giorno.”80.

Ma questi temi li vedremo in maniera più approfondita nei successivi capitoli dove affronterò il contenuto dell’insegnamento di Thích Nhất Hạnh.

Con la diffusione dell’insegnamento e della pratica di Thích Nhất Hạnh, specialmente attraverso il grandissimo successo dei suoi scritti, oltre che alla comunità di Plum Village, cominciarono a crearsi altre realtà satellitari. Migliaia di praticanti laici in tutto il mondo, dietro l’invito esplicito di Nhất Hạnh e dei monaci di Plum Village, iniziano a frequentarsi autonomamente per praticare la consapevolezza secondo i modi di quella tradizione, dando vita ad un gran numero di realtà locali di diverse dimensioni, dal piccolo gruppo che si ritrova in abitazioni private a veri e propri Mindfulness Practice Centers, ma che sostanzialmente si richiamano tutti all’idea di Sangha: un’unica comunità di praticanti.

Questa comunità internazionale di praticanti laici aveva una peculiarità unica che la distingueva da esperienze simili, e che l’accomuna oggi con altre pratiche fuori dal contesto religioso, ad esempio nel campo psicologico-motivazionale, e cioè quella di non identificarsi necessariamente con la religiosità buddhista. Molti di coloro che frequentavano i Sangha della tradizione di Thích Nhất Hạnh appartenevano ad altre fedi religiose o non erano interessati ad aderire e approfondire l’aspetto religioso delle metodologie proposte. Riconoscevano invece l’universalità, la trasversalità e l’efficacia dell’insegnamento e della pratica della tradizione che ormai poteva essere riferita a Plum Village. Insegnamento comunque libero da qualsiasi bisogno di rifugio in una fede religiosa specifica.

L’aspirazione comune ai praticanti era sostanzialmente quella di applicare il modello metodologico proposto da Nhất Hạnh, e esemplificato nella sua vita, nelle relazioni e nelle questioni sociali, in vista di una trasformazione qualitativa della vita del singolo e della società.

I.8 – Anni ‘90

Gli anni Novanta videro una conferma della svolta avvenuta nel decennio precedente e continuarono sulla spinta del grande interesse del mondo Occidentale per il Dharma proposto da Thích Nhất Hạnh. Una delle forze del suo insegnamento risiedeva nel proporre una pratica e un modello etico-filosofico senza chiedere alcun tipo di conversione al buddhismo, ma al contrario invitando i praticanti a utilizzare gli strumenti da lui trasmessi per approfondire la comprensione della propria tradizione spirituale e culturale al fine di rinforzare il legame con le proprie origini e le proprie radici.

Mentre si allargava il bacino delle persone interessate a questi temi, si moltiplicavano i ritiri, i laboratori e gli incontri pubblici. L’opera di diffusione dell’insegnamento portò il monaco vietnamita a viaggiare in un numero sempre maggiore di paesi. Andava crescendo anche la produzione letteraria di Nhất Hạnh e la traduzione dei suoi testi in molte lingue. Iniziarono inoltre a venirgli assegnati diversi riconoscimenti pubblici per il suo ininterrotto impegno a favore della pace. Com’è il caso del premio internazionale Courage of Conscience81, che gli venne conferito il 16 giugno del 1991.

Dal 1992 anche l’Italia diventò luogo dei ritiri di Nhất Hạnh e nel 1996 nacque l’Associazione Essere Pace, che coordina le attività italiane dei praticanti del Dharma di Plum Village.

Dopo la pubblicazione dell’edizione italiana di uno dei suoi testi di maggior fama, Living Buddha, Living Christ, nel 1996, gli venne consegnato il Premio Internazionale “San Francesco e Chiara d’Assisi” da parte del Centro Francescano Internazionale di Studi per il Dialogo tra i Popoli e le loro culture.

A seguito dell’assassinio del Primo Ministro Yitzhak Rabin nel 1997, il maestro vietnamita si recò in Israele, dando vita a una Comunità di Consapevolezza per lavorare in favore della riconciliazione tra israeliani e palestinesi, che costituisse lo strumento e il luogo d’incontro e di dialogo tra le parti, che è all’opera ancora tutt’oggi e vede coinvolti molti monaci e laici.

Nel frattempo, la maturazione oramai decennale di un gruppo di persone che facevano riferimento al maestro vietnamita come guida spirituale, e dei progetti che da ciò erano nati, faceva del nord America il luogo idoneo per la formazione di vere e proprie comunità monastiche, affiliate a quella principale francese di Plum Village. Dopo tre anni di organizzazione, nel 1997, prendevano vita così il Centro di Dharma Green Mountain (Ðạo Tràng Thanh Sơn) e il monastero di Maple Forest (Tu Viện Rừng Phong) entrambi nel Vermont. Nel 2000 sarebbe stata invece la volta del monastero di Deer Park (Tu Viện Lộc Uyển) a Escondido, in California.

Nel 1998 venne fondata, allo scopo di rappresentare legalmente negli Stati Uniti le attività di Nhất Hạnh e i Sangha della tradizione dell’Ordine dell’Interessere, la Unified Buddhist Church, Inc. (UBC) un’organizzazione non-profit, gemella della francese Eglise Bouddhique Unifieé che Nhất Hạnh aveva costituito a Parigi nel 1969 e non facente parte dell’UBCV.

La Unified Buddhist Church fu riconosciuta legalmente come l’organizzazione di riferimento per Plum Village in Francia e per i monasteri della stessa tradizione82, e dal marzo 1999, la Community of Mindful Living e la casa editrice Parallax Press83.

Il massimo riconoscimento del ruolo di diffusore di insegnamenti di pace giunse infine dalle numerose richieste di partecipazione a illustri progetti internazionali, promossi dalle più importanti organizzazioni mondiali.

Nel 1998 Nhất Hạnh rivestì un ruolo fondamentale nella scelta da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite di dedicare il periodo 2001-2010 come “International Decade for a culture of peace and non-violence for the children of the world”84.

Un altro impegno importante in questo periodo fu l’iniziativa, patrocinata dall’Unesco, che vide Thích Nhất Hạnh assieme ad alcuni premi Nobel per la Pace dare vita al “Manifesto 2000”, una dichiarazione in sei punti che descrivevano concretamente, sulla base dell’esperienza di ogni collaboratore, come operare per la Pace e la Non-violenza nel mondo.

Nel dicembre del 2000, l’invito di partecipazione al monaco vietnamita giunse invece dalla White House World Summit Conference sui temi delle piaghe mondiali dell’HIV e dell’AIDS.

Dopo questo intervento venne chiamato a relazionare al Gorbachev World Summit and The World Economic Summit che si teneva a Davos in Svizzera, offrendo la sua visione pacifista a ex capi di stato e persone famose come George H. W. Bush, Ruud Lubber, Jacques Delors e Margaret H. Thatcher. In seguito partecipò al Capps-Emerson Lecture Series (Library of Congress) promosso dal Faith and Politics Institute.

In queste occasioni egli colpì l’auditorium internazionale presente per la semplicità, la concretezza e al contempo la profondità delle sue proposte, legate a quel suo fascino di insegnante diverso da qualsiasi altro oratore carismatico.

I.9 – Anni 2000

Il nuovo millennio confermò la popolarità e la sempre maggiore diffusione dell’insegnamento di Thích Nhất Hạnh, considerato ora da molti come uno dei più importanti insegnanti spirituali e interpreti della pace del nostro tempo.

Poco dopo gli attentati del settembre 2001, Nhất Hạnh tenne un discorso pubblico sulla non violenza e il perdono alla Riverside Church di New York City, cercando di portare l’attenzione pubblica sull’importante occasione che veniva offerta in quel frangente agli Stati Uniti, e al mondo occidentale, di rispondere alla violenza con la non-violenza.

Nel 2003, venne invitato a guidare un ritiro di due giorni dedicato esclusivamente ai membri del Congresso americano.

Ma il nuovo millennio portava con sé una svolta storica nella vita di Thích Nhất Hạnh e in quella dei suoi seguaci, offrendo l’occasione di ritornare finalmente in patria per un viaggio di insegnamenti e riconciliazione. Da diverso tempo egli aveva ricevuto l’invito ufficiale a ritornare in Vietnam, la possibilità di rientrare da parte del governo vietnamita. Purtroppo le condizioni imposte da Hanoi erano estremamente limitanti: non tenere insegnamenti pubblici, non portare con sé i suoi seguaci e che il viaggio non costituisse l’occasione per pubblicare i suoi libri, ancora sottoposti a censura. Gli stessi monaci di Plum Village quando si erano recati in Vietnam, prima del ritorno di Nhất Hạnh, venivano sorvegliati da personale governativo e gli veniva proibita qualsiasi forma di insegnamento o di incontro pubblico.

Vanno presi in esame due antefatti rispetto a questa serie di inviti insistenti da parte del governo vietnamita a un rientro temporaneo in patria di Nhất Hạnh: l’uno, legato alla politica internazionale, l’altro, alla politica interna. Entrambi connessi in ogni caso ai cambiamenti economici che erano intercorsi nel Vietnam, negli ultimi anni e che avevano spinto il regime verso un’apertura nelle relazioni e i commerci internazionali.

Dopo che le forze comuniste del Nord ebbero preso il potere nel sud del Vietnam, come abbiamo visto, nel 1981 bandirono l’UBCV, privandolo quindi non solo dello status legale ma interrompendo anche tutte le opere sociali che la Chiesa stava portando avanti sul territorio disastrato dalla guerra, e sostituendolo con una Chiesa governata dallo Stato (iinglese Buddhist Church of Vietnam – BCV).

Al contempo veniva rifiutato il permesso a Thích Nhất Hạnh di rientrare.

Il Vietnam si confermava ancora una volta un paese autoritario, caratterizzato da importanti violazioni dei diritti umani, compreso quello della libertà di religione, nonostante questa fosse costituzionalmente riconosciuta dallo Stato.

Ma col passare degli anni il fatto di essere considerato un paese privo di libertà religiosa, sancito dall’inserimento nel 2004 del Vietnam nella lista nera dei Countries of Particular Concern (CPC) da parte della U.S. Commission on International Religious Freedoms (USCIRF), assieme a Corea del Nord, Iran, Arabia Saudita e Cina, veniva a costituire un impedimento per l’ingresso del paese nell’Organizzazione Mondiale del Commercio (Word Trade Organization – WTO). Ingresso invece che avrebbe portato grosse agevolazioni nello scambio commerciale internazionale e l’aumento degli investimenti stranieri, in particolare americani. Quello di aprirsi al commercio internazionale era infatti uno degli obiettivi principali del governo vietnamita sull’onda della propria espansione economica interna. Hanoi dunque per venire incontro alle richieste di una minor ingerenza approvò innanzitutto una legge che aumentasse in qualche modo la legittimazione delle religioni non-statali, che non si fossero poste in maniera critica nei confronti delle politiche governative, e si prodigò, in secondo luogo, per favorire il rientro di Thích Nhất Hạnh85.

Il secondo motivo dell’invito rivolto a Nhất Hạnh si può dedurre da alcune riflessioni proposte da studiosi come Taylor86 e DeVido87. Essi sostengono che la continua mancanza di riconoscimento dell’UBCV da parte dello Stato non abbia impedito una crescita del buddhismo in Vietnam in tempi recenti legato a una politica maggiormente attenta alle relazioni economiche e sociali. Potremmo star dunque assistendo in questi anni a una delicata e difficile fase di passaggio, in cui il governo vietnamita starebbe rivalutando la religione come una fonte di forza interna capace di favorire lo sviluppo e l’armonia sociale. Taylor sottolinea come questo riconoscimento da parte dello stato di un ruolo utile della religione riguarderebbe, in particolare, il campo delle opere assistenziali e quello delle attività di sviluppo sociale della comunità88 – proprio quelli vicini agli ideali di Nhất Hạnh – e ambiti in cui, nonostante lo stato di illegalità, l’UBCV in patria andava già occupandosi da anni. DeVido pone poi l’attenzione sul fatto che molti monaci e monache che in passato si sono laureati negli istituti buddhisti ricoprono oggi posti di dirigenza all’interno della Chiesa buddhista ufficiale vietnamita (BCV), quella cioè sotto il controllo governativo.

Questi recenti studi mettono in luce, paradossalmente, la realizzazione di una concessione di libertà religiosa senza precedenti negli ultimi tempi in Vietnam, legata a una riscoperta di massa da parte della popolazione delle proprie radici spirituali. Questa, comunque, non può essere considerata una vera e propria libertà essendo state realizzate concessioni e agevolazioni di pratica solo nei confronti delle varie fedi, riconosciute dallo stato, delle varie fedi religiose. Ci troviamo di fronte a una situazione che ricorre anche in altri stati autoritari, che nel contesto vietnamita però sembra significare una prevenzione da parte del governo non tanto verso la religiosità in se stessa, ma nei confronti della strumentalizzazione antigovernativa che potrebbe provenire dall’ambiente religioso89.

Le condizioni iniziali per il rientro erano dunque inaccettabili per Nhất Hạnh, della cui visita il governo avrebbe beneficiato di fronte all’opinione pubblica mondiale senza però smettere di censurare il messaggio del monaco e bandire il buddhismo indipendente in patria. Il tipo di viaggio proposto da Hanoi agli occhi di Nhất Hạnh non avrebbe contribuito a un reale cambiamento della repressione delle libertà civili e ad un’apertura del paese. Fu così che iniziò una negoziazione lunga un anno sui criteri che avrebbero segnato il suo ritorno. Alla fine si giunse a un accordo e nel 2005, dopo 39 anni di esilio, Thích Nhất Hạnh poté fare ritorno in Vietnam per tre mesi, dall’12 gennaio all’11 aprile, accompagnato da un folto gruppo di seguaci composto da 100 monaci e 90 laici per un viaggio non solo di riconciliazione, ma anche di diffusione degli insegnamenti attraverso tutto il paese. Ebbe così la possibilità di fare una visita anche al proprio tempio radice di Từ Hiếu vicino a Huế, che aveva visto la sua prima formazione e verso il quale era profondamente legato. Il governo permise, inoltre, la pubblicazione di diversi suoi libri che Nhất Hạnh aveva richiesto come testi di supporto ai suoi discordi di Dharma.

Il viaggio in Vietnam della primavera 2005, a cui ne faranno seguito altri, nel 2007 e nel 2008, fu anche oggetto di molte critiche. La situazione vietnamita sul versante religioso infatti, come abbiamo già potuto accennare, era e resta ancor oggi molto complessa e in continua trasformazione.

Senza poter entrare nei particolari nel corso di questa dissertazione, possiamo qui dire che il viaggio di Nhất Hạnh in Vietnam é stato considerato un successo per la quantità e l’entusiasmo delle persone affluite in massa a seguire i suoi discorsi pubblici – a seguito di questo viaggio 400 giovani avrebbero preso i voti monacali nella tradizione di Plum Village90 – ma anche per l’eco internazionale che ha avuto l’evento. Non sono mancate però le polemiche, in particolare espresse nella critica mossa a Nhất Hạnh dall’UBCV, che ha interpretato il suo rientro soprattutto come una manovra propagandistica del governo vietnamita per creare, sfruttando la popolarità e la sua nomea di Nhất Hạnh, una falsa impressione di libertà religiosa agli occhi della comunità internazionale. Per di più, il governo avrebbe così mostrato le proprie intenzioni verso una progressiva apertura nei confronti dell’indipendenza delle religioni e una graduale riforma di più ampio spettro favorevole al rispetto dei diritti umani, quando invece non vi sarebbe nessun segno sostanziale all’interno del paese in favore di questa politica di distensione e apertura ma al contrario continuerebbero gli abusi e le violenze.

E in secondo luogo, la scelta di Nhất Hạnh è stata accusata, se non proprio di essere stata fatta in mala fede, almeno di ingenuità politica venendo a favorire, attraverso la propria collaborazione con la Chiesa buddhista di Stato (BCV), la repressione e la delegittimazione dell’UBCV, in modo da estromettere i suoi rappresentanti religiosi e, oltre a portare alla morte di questa istituzione, cancellare anche la memoria storica del suo impegno nella società conseguente alla fine della guerra fino ai giorni nostri91. Inoltre, in merito agli incontri pubblici tenuti da Nhất Hạnh è stato criticato anche il messaggio in essi contenuto, che avrebbe dato un’eccessiva enfasi sulla reintroduzione della pratica buddhista nella quotidianità della popolazione vietnamita, mentre era del tutto assente la denuncia delle violazioni dei diritti umani e delle restrizioni imposte al buddhismo da parte del governo.

Per quanto riguarda la risposta di Nhất Hạnh alle accuse mossegli di collaborazionismo e di assenza di quella componente impegnata, che proprio in lui in passato aveva trovato uno dei massimi esponenti, egli affermò di non dare troppo peso all’uso propagandistico del suo viaggio da parte del governo, che senza esitazione egli riconosceva. Poiché lo scopo principale del viaggio, secondo la sua visione, sarebbe dovuto essere quello di dare inizio ad una distensione del clima di scontro frontale tra governo e UBCV, agevolare il superamento di decenni di sospetti e accuse, mettendo le basi per la futura esistenza di un buddhismo indipendente, non minaccia ma risorsa per lo stato vietnamita. Secondo il suo proposito vi sarebbero dovuti essere in programma incontri ufficiali in presenza sia dei rappresentati dell’UBCV sia di quelli dell’BCV. Egli sostenne perciò che “In order for freedom to be possible, we should help remove fear, misunderstanding and discrimination”, lavorare per ricucire le divisioni interne al paese. Inoltre ritenne che un effetto dei suoi viaggi in Vietnam sarebbe stato l’incoraggiamento della pratica del buddhismo nella popolazione e un riavvicinamento alle radici buddhiste, in particolare nelle giovani generazioni vietnamite.

Il tema della riconciliazione diventò centrale nel secondo viaggio, quello del febbraio 2007. Nonostante le critiche e le controversie, e la permanenza del clima di repressione religiosa in Vietnam, Nhất Hạnh prese la decisione di effettuare un nuovo tour con tre obiettivi manifesti: accogliere in maniera cerimoniale i monaci e i laici che a grande richiesta avevano deciso di aderire formalmente al suo Ordine, guidare ritiri di insegnamento e pratica per i religiosi e la popolazione laica, ma soprattutto organizzare un serie di “Great Chanting Ceremonies” allo scopo di favorire la guarigione delle ferite ancora aperte dalla guerra del Vietnam92. Quest’ultima iniziativa consisteva in tre solenni cerimonie di preghiera collettiva, alle quali erano invitati a partecipare e a offrire contributi delle proprie tradizioni tutti i membri delle differenti religioni presenti sul territorio, e anche i leaders del partito comunista, che avrebbero potuto condividere letture prese dalla letteratura marxista.

É nell’ambito di questi viaggi che si inserisce la dolorosa questione di Bát Nhã93. Thầy Đức Nghi, abate della pagoda Bát Nhã, nella provincia di Lâm Đồng, e membro ufficiale della Chiesa buddhista di stato (BCV), aveva offerto a Nhất Hạnh la possibilità di utilizzare il suo monastero per ospitare una comunità di monaci e monache aderenti alla tradizione di Plum Village. Nel 2009, mentre il centro ospitava circa 300 monaci, iniziò a subire delle provocazioni e dei sabotaggi da parte di ignoti, ma che sembravano riconducibili ai servizi governativi. Ne è un esempio la privazione del tempio di acqua ed elettricità avvenuta per tutta l’estate dello stesso anno. Le molestie aumentarono dei confronti di monaci e delle monache, che si erano rifiutati di eseguire l’ordine ufficiale di sgombero dell’edificio, fino ad arrivare ad atti gratuiti di brutalità e violenza, che diedero luogo alla chiusura del centro, avvenuto con il pestaggio e l’espulsione coatta di tutti i suoi residenti, da parte di unità di polizia in tenuta antisommossa e di una folla inferocita di popolazione civile94. Funzionari del governo hanno fatto un tentativo di addebitare l’accaduto a rivalità interne al mondo buddhista vietnamita, ma un documento ufficiale metteva invece a fuoco le motivazioni politiche dell’accaduto accusando la comunità di “abused the religious policies of the party and state to sabotage the regime and oppose the Buddhist Church of Vietnam”95.

Come ha riportato il documento International Religious Freedom Report redatto il 17 novembre 2010, alcune centinaia di monaci e monache della comunità di Plum Village, a causa delle violenze, hanno infine lasciato il paese alla fine del 2009 e “had left for Thailand an remained there”96.

Questo cambio di rotta nei confronti dell’approvazione della presenza e diffusione di comunità monastiche vicine al Dharma del maestro Nhất Hạnh è di difficile interpretazione. È probabile che il motivo centrale però sia legato alle prese di posizione politiche pubbliche espresse da Nhất Hạnh in quel periodo. Innanzitutto quelle durante il viaggio del 2007, quando, in linea con la insistita richiesta da parte dell’UBCV di un maggiore impegno a favore della libertà religiosa, il monaco fece richiesta esplicita al presidente Nguyễn Minh Triết affinché ponesse termine al controllo autoritario e repressivo del governo in campo religioso97.

È probabile poi che anche la scena internazione abbia avuto il suo peso e abbia contribuito ad aumentare l’accanimento verso gli accoliti di Nhất Hạnh, a causa del sostegno pubblico che il maestro vietnamita ha sempre fornito alla causa del Dalai Lama e che egli ha ribadito con le dichiarazioni pubbliche del 2008, episodio che avrebbe contrariato il governo cinese e di conseguenza quello di Hanoi.

Di fatto però, lasciando da parte la tragedia in cui è immerso in quel territorio l’ambito religioso e che riguarda un’area più vasta di quella parte del mondo – dalla Corea del Nord alla Cina e alla Birmania –, questi viaggi compiuti in Vietnam ci permettono di registrare un dato importante per quanto riguarda il nuovo millennio, cioè la progressiva diffusione del Dharma di Thích Nhất Hạnh in Asia, dimostrata dall’aumento esponenziale dei suoi viaggi in quei paesi, di cui i tre viaggi nel Vietnam – 2005, 2007, 2008 – rappresentano solo un piccolo capitolo.

Dopo un lungo periodo di incubazione, trasformazione e consolidamento a contatto con il mondo occidentale, il buddhismo, riletto dal maestro vietnamita e realizzato nella pratica di Plum Village, è tornato a casa, è tornato nei luoghi di provenienza di questa tradizione spirituale. E tornando a casa ha incontrato delle società che hanno subito a loro volta grandi trasformazioni, avvenute in gran parte a causa dell’incontro, della relazione e dello scontro con l’Occidente, sia sul piano materiale che sul quello delle idee98, e dal fenomeno della globalizzazione, oltre che economica, culturale e dei costumi. I seguaci del Buddha dei paesi asiatici hanno dimostrato crescente interesse per gli insegnamenti di Thích Nhất Hạnh, affinati per il praticante europeo e americano ed ora validi anche per quello orientale. In molti hanno avuto l’occasione di riscoprire, sotto una nuova luce, le proprie radici spirituali attraverso una pratica che, scevra da un’eccessiva enfasi sulle componenti formali e religiose, si offriva come un valido strumento per superare le difficoltà della vita quotidiana, trasformando l’ansia e la sofferenza in serenità.

Questo nuovo impegno è iniziato dagli anni ’80 e ‘90 con i primi viaggi in India99 e Giappone, poi dal 1999, e in più di un’occasione, in Cina, a Taiwan e Hong Kong, poi in Thailandia (2007) , fino ad arrivare ai giorni nostri con tour nell’Est Asiatico che hanno portato Nhất Hạnh nel corso dello stesso viaggio e toccare Corea, Hong Kong, Taiwan, Malesia, Indonesia (Giacarta e Giava), Singapore e Thailandia. Nello stesso tempo, altri monaci, monache e insegnanti di Dharma (Dharmacharyas) di Plum Village si spostavano autonomamente, ma sotto l’autorizzazione di Nhất Hạnh, in diversi paesi del mondo per offrire sostegno alle comunità di pratica, tenere ritiri periodici, offrire insegnamenti pubblici e in molti casi trasferendo la propria residenza dove ve ne fosse stato bisogno o richiesta100.

La proposta di Dharma di Nhất Hạnh in questi paesi ha ricevuto una risposta entusiastica da parte della popolazione che è accorsa a sentire le sue lezioni in numero di migliaia di persone. I suoi incontri sono stati ospitati all’interno di templi buddhisti, ma anche di università e organizzazioni private, dove il maestro vietnamita in molti casi ha proceduto ad ordinare monaci, monache e laici secondo la propria tradizione. In ogni tappa poi, sono sorti, per volontà dei seguaci buddhisti locali, dei centri di pratica nella sua tradizione, sia per religiosi che per laici.

In particolare ad Hong Kong sono stati inaugurati grandi centri gemellati con la comunità di Plum Village. Nel novembre del 2008 sorge la Plum Village Foundation, organizzazione non-profit sorta per favorire l’insegnamento e la pratica del maestro vietnamita, con il conseguente impegno nei campi delle opere assistenziali e nell’educazione, e nel febbraio 2009 il Plum Village Mindfulness Practice Center a Tsim Sha Tsui, Kowlon: un centro di pratica per monaci e laici.

Nel maggio 2012 viene fondato, sempre a Hong Kong, l’Asian Institute of Applied Buddhism (AIAB) dedicato, oltre che alla pratica, allo studio del buddhismo applicato101 mediante la proposta di corsi aperti al pubblico, tenuti da monaci e insegnanti di Dharma (Dharmacharyas) laici. Questo centro è il corrispettivo asiatico dell’European Institute of Applied Buddhism (EIAB), fondato a Waldbröl nell’Ovest della Germania nel 2008. L’istituto tedesco ha rappresentato la realizzazione di uno degli ultimi e al contempo uno dei più importanti progetti di Nhất Hạnh: offrire un luogo, un’istituzione dedicata allo studio del Buddhadharma in Occidente, nel cuore dell’Europa, con un cospicuo gruppo di monaci e insegnanti di Dharma laici residenti.

Tra gli impegni più recenti infatti, oltre alla costituzione di questi istituti dedicati allo studio di tipo accademico della dottrina buddhista e all’addestramento nella sua messa in pratica, possiamo annoverare altri due progetti su grande scala: il sostegno nonché la diffusione di Sangha locali, la cui massima espressione sono i Centri dell’Interessere, e la fondazione del movimento Wake Up. Questi, nati per volontà del maestro vietnamita ma sviluppatisi autonomamente grazie alla maturità raggiunta dai praticanti della sua tradizione sparsi nel globo, vedono come protagonisti nel primo caso i praticanti laici e nel secondo la componente giovane, sia monaci sia laici, del Sangha internazionale.

La prima delle due iniziative ha radici lontane. Nel 1983 infatti veniva dato avvio a Berkely in California alla Community of Mindful Living (CML), un’organizzazione internazionale, che nel 1999 sarebbe diventata legalmente parte integrante della Unified Buddhist Church, inc., allo scopo di promuovere e offrire aiuto alla diffusione, nei differenti paesi, di comunità che praticassero nella tradizione di Plum Village. In questo progetto globale trovava compimento l’aspirazione sorta nella seconda metà degli anni ‘60 dell’Ordine dell’Interessere. L’Ordine era nato per fornire uno strumento utile, gli insegnamenti del Buddha, a coloro, monaci e laici, che volevano mettersi al servizio della società nel contesto della guerra del Vietnam “per combattere l’odio, la violenza e le divisioni che sconvolgevano il paese”102. Esso avrebbe dovuto riuscire nell’arduo compito di evitare di schierarsi con una delle due fazioni ideologiche operando solo a favore della pace, dell’assistenza, e che di fatto aveva coinvolto un ristretto numero di vietnamiti. L’Ordine dell’Interessere divenne negli anni ‘80 la base per creare un gruppo internazionale interrelato e coordinato che operasse nelle diverse società seguendo gli stessi principi, i 14 e i 5 Addestramenti. Nel 1981 venivano ammessi i primi membri laici dell’Ordine dell’Interessere, per la prima volta anche occidentali, dopo che per quindici anni non vi erano state nuove ordinazioni e il progetto era rimasto in una sorta di ibernazione in attesa che i tempi fossero maturi.

A iniziare dagli anni ’80 e ’90 si assiste alla nascita di un gran numero di realtà comunitarie in tutto il mondo di diversa tipologia, ma tutte legate dal riconoscimento di Thích Nhất Hạnh come maestro, della pratica proposta da Plum Village come strumento sulla via della pace individuale e sociale e della Community of Mindful Living e l’Ordine dell’interessere come riferimenti di supporto, organizzativi e dottrinali103. Il risultato più importante nel processo di costituzione di questi gruppi satellite è stata la fondazione negli ultimi anni di centri di pratica ospitati in sedi stabili, con una comunità di laici residenti appartenenti all’Ordine dell’Interessere. Un caso paradigmatico è quello dell’Intersein-Zentrum (Maitreya Haus) a Hohenau in Germania, nei boschi della Baviera. Nato nel 1999 per opera di Amoghavajra Karl Schmied, Helga Riedl e Karl Riedl, membri dell’Interessere e insegnanti di Dharma, dove una comunità ristretta di praticanti vive stabilmente nel centro, seguendo il programma giornaliero di tipo monastico sul modello di Plum Village, e ospita per periodi di tempo variabile (giorni, mesi ed anche anni) un numero sempre maggiore di praticanti proveniente dal circondario. A costoro, oltre la possibilità di essere ospitati e di vivere secondo i criteri del centro, partecipando ai lavori comunitari che per la maggior parte sono fatti a rotazione, sono offerti anche ritiri, giornate di Consapevolezza e laboratori104.

La seconda proposta fatta da Nhất Hạnh, come abbiamo già avuto modo di accennare, era quella di favorire la nascita di un gruppo di pratica in cui si concentrasse la componente giovane dei seguaci, sia laici sia monaci, del Dharma di Plum Village.

La relazione tra il messaggio di Thích Nhất Hạnh e i giovani è sempre stata fondamentale fin dai primi tentativi di riformare il buddhismo vietnamita della seconda metà degli anni ’50 e poi negli anni ‘60. Tutta la storia di quegli anni vide come protagoniste le giovani generazioni. Giovani erano i monaci che volevano cambiare il buddhismo e la società vietnamiti, ma altrettanto giovani erano i soldati vietnamiti e americani coinvolti nella guerra; giovani poi i manifestanti contro la guerra negli Stati Uniti.

Ma solo oggi Nhất Hạnh ha sentito la necessità di promuovere la creazione di uno spazio specifico dedicato solamente ai giovani, dove al di sopra di qualsiasi separazione di nazionalità o di fede, potessero praticare in maniera autonoma rispetto al resto del Sangha, come un’unica categoria globalizzata capace di prendersi dei propri impegni e sviluppare propri progetti indipendenti.

I giovani sono visti come una categoria a parte, come la speranza di un futuro di pace sopranazionale e sovra-confessionale, al di là di qualsiasi interesse regionale, etnico o religioso. Essi parlano un proprio linguaggio, condividono un entusiasmo e una visione ideale che li contraddistingue. Nella società occidentale moderna, il giovane costituisce una categoria particolare e ben distinta dal bambino e dall’adulto, ad esempio per il fatto di avere la possibilità, in molti casi, di dedicare diversi anni allo studio e alla propria formazione prima di essere incluso nel meccanismo produttivo vero e proprio. Una categoria dunque che, sebbene temporanea, deve ricevere maggior attenzione e un proprio luogo di relazione specifico, ricalcando, in qualche modo, i movimenti simili interni, ad esempio, al mondo cattolico.

Sebbene fosse già nella tradizione di Plum Village dare vita a dei ritiri dedicati specificamente ai giovani, nell’estate del 2008 viene fondato il movimento Wake Up, una comunità internazionale di praticanti tra i 18 e i 35 anni che guarda alla società globalizzata del futuro.

Essa comprende, oltre ai giovani monaci, anche molti membri laici che hanno fatto formale adesione ai 5 Addestramenti alla Consapevolezza, e che “si impegneranno – secondo la visione di Nhất Hạnh – nella società; contribuiranno a creare una società più sana e dotata di maggiore compassione”105. Quest’attenzione ai giovani si esprime anche in una serie di progetti che vedono come obiettivi le scuole e l’educazione delle nuove generazioni, con laboratori e corsi pensati apposta per studenti ed insegnanti.

Ciò che accomuna i due ultimi progetti, quello della diffusione esponenziale delle comunità di pratica (Sangha) e del movimento Wake Up, e che ci permette di mettere a fuoco un ultimo punto riguardante la vita del maestro vietnamita, è il fatto che nati dalla presenza fisica del maestro vietnamita e anche dalla sua volontà, oggi la maggior parte dei suoi progetti vive di vita propria e si organizza e si espande senza vederlo direttamente coinvolto, ma seguendo i suoi principi e nella maggior parte dei casi chiedendo la sua approvazione106.

Attualmente dunque oltre l’instancabile opera di viaggi e di ritiri, che solo nel 2013 ha visto Thích Nhất Hạnh recarsi dall’Europa al Sud-Est Asiatico al Nord America, la diffusione del suo Dharma è affidato per gran parte ai libri, a lui sono infatti attribuiti più di 100 titoli, e a internet dove è possibile reperire un gran numero di video contenenti lezioni di Dharma, informazioni di vario tipo, interviste, etc. Lo strumento di internet sta entrando prepotentemente nella gestione della rete di praticanti, permettendo quel rapporto di prossimità e interrelazione su scala planetaria che si concretizza ad esempio nel caso del movimento Wake Up con la pratica del Sangha on-line su Skype o con la pratica della condivisione dei propri pensieri attraverso newsletters.

Infine bisogna ricordare che un gran numero di monaci di Plum Village o degli altri monasteri gemellati è impegnato a propria volta in viaggi, ritiri e nell’organizzazione di progetti temporanei o di realtà satellitari in tutto il mondo.

Il Dharma di Nhat Hanh è in continua movimento e trasformazione. Progressivamente e in maniera spontanea, si sta separando sempre più dalla sua figura, dalla sua persona e dal suo carisma, e sta continuando a camminare e crescere con le proprie gambe.

1 Thich Nhat Hanh, Mente d’amore, Roma, Ubaldini Editore, 1997, pp. 16-17.

2 Ivi, p. 17.

3 Thich Nhat Hanh, Una chiave per lo zen, Roma, Ubaldini Editore, 1996, p. 21.

4 Oltre a queste tre macroregioni, l’Indocina Francese (ufficializzata nel 1887) era composta anche da Cambogia e Laos. Per quanto riguarda il territorio vietnamita, la zona più estesa e popolosa dell’Indocina, alla Cocincina era stato attribuito la condizione amministrativa di colonia, all’Annam quella di protettorato, essendo ancora governato formalmente dalla dinastia tradizionale degli Nguyễn, mentre il Tonchino venne sottoposto alla gestione di un governatore francese.

5 Thich Nhat Hanh, La veste del mio maestro, Roma, Associazione Essere Pace, 2010, p. 15.

6 Il termine vietnamita Thiền corrisponde a quello cinese Ch’an e al giapponese Zen.

7 Ivi, p. 20.

8 Altri due testi da imparare a memoria erano le Liturgie del mattino presto e le Liturgie del pomeriggio.

9 T. N. Hanh, La veste del mio maestro, op. cit., p. 15.; Sul Vinaya cfr. “Non c’è traccia di filosofia in quest’opera. Tutte e tre le sezioni trattano unicamente problemi pratici. Nella prima viene insegnato come ottenere la calma e concentrare la mente. Nella seconda vengono discussi i precetti e le altre pratiche fondamentali della vita monastica. Nella terza è infine contenuta una splendida esortazione, rivolta agli studenti zen, per ricordare che il loro tempo e le loro vite sono preziose e non dovrebbero essere sprecate inutilmente”, T. N. Hanh, Una chiave per lo zen, op. cit., p. 21.

10 Rinzai Zen in giapponese; Lin Chi Ch’an in cinese.

11 Maestro radice del Thiền vietnamita Lieu Quàn (1670-1742).

12 Divenne così monaco di 42esima generazione del lignaggio della scuola Lâm Tế Thiền e ottava generazione della linea di Dharma Liễu Quán.

13 Nome completo: Trung Quang Nhất Hạnh.

14 T. N. Hanh, La veste del mio maestro, op. cit., p. 71.

15 Tra questi monaci vi erano anche Thích Trí Quang  e Thích Thiện Minh.

16 T. N. Hanh, Mente d’amore, op. cit., p. 34.

17 Cao Ngọc Phượng (1938) venne ordinata monaca da Nhất Hạnh sulla montagna Gridhakuta durante un viaggio in India nel 1988. Ricorda nelle sue memorie: “From the age of twenty, I knew that someday I would shave my head and join an order of Buddhist nuns. […] He said he would tell me when he thought was the best time for me to shave my head and become a nun. But for now, he invited […] to receive the Fourteen Precepts in a formal ceremony”. Sister Chan Khong, L’arma del vero amore, Firenze, Terra Nuova Edizioni, 2009, p. Il nome di Sister Chân Không significa Sorella Vera Vacuità (in inglese True Emptiness).

18 S. C. Khong, L’arma del vero amore, op. cit, p. 32.

19 Cfr. trascrizione di una lezione tenuta da Nhất Hạnh ad Hanoi nei giorni 6 e 7 maggio 2008 e trascritta nella pagina web: http://www.zenquieora.org/insegnamenti-di-dharma/discorsi-di-dharma/106-thich-nhat-hanh-storia-del-buddhismo-impegnato-sangha-sicilia-plum-village-zen-catania-meditazione-buddhismo.html

20 T. N. Hanh, Mente d’amore, op. cit., p. 54.

21 Robert Harlen King, Thomas Merton and Thich Nhat Hanh. Engaged spirituality in an Age of Globalization, New York, Continuum, 2001, p. 75.

22 Sull’origine del buddhismo impegnato è reperibile nel web la trascrizione di una lezione che Thich Nhat Hanh ha tenuto, durante il viaggio in Vietnam del 2005, dedicata interamente alla ricostruzione storica di questo movimento. Cfr. http://www.zenquieora.org/insegnamenti-di-dharma/discorsi-di-dharma/106-thich-nhat-hanh-storia-del-buddhismo-impegnato-sangha-sicilia-plum-village-zen-catania-meditazione-buddhismo.html.

23 Thích Nhất Hạnh sostiene che l’attività della rivista venne sospesa a causa di alcuni suoi scritti che facevano appello all’unificazione di tutte le differenti correnti buddhiste vietnamite.

24 Significa in inglese Fragrant Palm Leaves, le foglie su cui vennero trascritti nei tempi antichi gli insegnamenti del Buddha. Esprimeva in questo modo l’idea di un ritorno alle radici della propria tradizione spirituale.

25 S. C. Khong, L’arma del vero amore, op. cit., p. 30.

26 Per la prima volta in lingua italiana nell’edizione Thich Nhat Hanh, L’arte del cammino e della pace, Milano, Mondadori, 2004.

27 Ivi, pp. 58-59.

28 Ivi, p. 146.

29 Cfr, ivi, p. 127; cfr. S. C. Khong, L’arma del vero amore, op. cit., p. 47.

30 Ivi, p. 52. In realtà all’epoca della lettera Trí Quang era aveva solo 40 anni ed era di soli 3 anni più vecchio di Nhất Hạnh, ma come aveva dimostrato fino ad allora possedeva un’attitudine molto più conservatrice.

31 Cfr. S. C. Khong, L’arma del vero amore, op. cit., pp. 53-54.

32 Ivi, p. 54.

33 Thich Nhat Hanh, Cao Ngoc Phuong, La lotta non-violenta del buddhismo nel Vietnam, Roma, Città Nuova, 1970, p. 32.

34 T. N. Hanh, L’arte del cammino e della pace, op. cit., p. 130.

35 Cfr. S. C. Khong, L’arma del vero amore, op. cit., p. 55.

36 Scuola per formare volontari per i servizi sociali, autofinanziata e indipendente dallo stato.

37 T. N. Hanh, L’arte del cammino e della pace, op. cit., p. 125.

38 Per comprendere meglio il rapporto tra l’Università Van Hanh e la School of Youth for Social Service é utile approfondire la storia dell’università e delle sue dinamiche interne. Cfr. Quán Như, Nhat Hanh’s Peace Activities, documento di difficile reperibilità, consultabile on line all’indirizzo internet http://www.giaodiemonline.com/thuvien/FotoNews/nh_quannhu.htm.

39 Cfr. S. C. Khong, L’arma del vero amore, op. cit., pp. 92, 144.

40 Cfr. Thich Nhat Hanh, Vietnam la pace proibita, Firenze, Vallecchi, 1967, pp. 143-145.

41 T. N. Hanh, Vietnam, la pace proibita, op. cit., p. 144.

42 Cfr. S. C. Khong, L’arma del vero amore, op. cit., pp. 74-75.

43 Chiamati così per sottolineare la loro maggiore vicinanza a dei consigli amorevoli sul cui rispetto allenarsi e sul cui valore esercitare una continua opera di riflessione e progressiva comprensione, piuttosto che delle regole imposte dall’alto e alle quali aderire ciecamente.

44 Esiste anche la versione ridotta di 5 Addestramenti alla Consapevolezza che corrisponde ai 5 precetti etici classici (Pañca-śīlāni) assunti dai discepoli laici del buddhismo fin dalle origini, sia nella tradizione Theravāda sia in quella delle correnti mahāyāniche, come linee guida etiche e d’aiuto alla pratica.

45 Cfr. Thich Nhat Hanh, Respira! Sei vivo, Roma, Ubaldini, 1994, pp. 139-172.

46 Cfr. S. C. Khong, L’arma del vero amore, op. cit., p. 87.

47 Cfr. ivi, pp. 62-63.

48 Intervista rilasciata da Nhất Hạnh a James Stevenson apparsa sulla rivista americana The New Yorker il 25 giugno 1966, consultabile online all’indirizzo web http://www.newyorker.com/archive/1966/06/25/1966_06_25_021_TNY_CARDS_000282208.

49 Cfr. ivi, pp. 93-94.

50 Thomas Merton (1915-1968), poeta e monaco benedettino, come pochi altri intellettuali cattolici, nella sua opera ha approfondito la vicinanza tra tradizione contemplativa cristiana e buddhista. Entrambe infatti, attraverso la pratica delle rispettive discipline spirituali, tenderebbero verso la trasformazione radicale della coscienza umana e una sua elevazione. Un altro tratto del suo pensiero, che lo avvicinava intimamente a Nhất Hạnh, era la stretta relazione posta tra l’aspetto contemplativo e quello dell’impegno politico-sociale.

51 Tra gli altri: Daniel Berrigan, Dorothy Day, Joan Baez e Jim Forest.

52 Saggio che è contenuto in appendice nel libro T. N. Hanh, Vietnam, la pace proibita, op. cit.

53 Cfr. S. C. Khong, L’arma del vero amore, op. cit., pp. 89-94.

54 Cfr. ibidem. È da questo momento in poi che nacque un filone interpretativo del ruolo politico di Thích Nhất Hạnh, che arriva fino ai giorni nostri, in chiave filo-comunista.

55 Da sito ufficiale del Premio Nobel, http://www.nobelprize.org/nomination/peace/ : “The names of the nominees cannot be revealed until 50 years later, but the Nobel Peace Prize committee does reveal the number of nominees each year.”; Nobel Prize website – Nomination Process “The statutes of the Nobel Foundation restrict disclosure of information about the nominations, whether publicly or privately, for 50 years. The restriction concerns the nominees and nominators, as well as investigations and opinions related to the award of a prize.”.

56 Discorso tenuto da Martin Luther King, Jr. alla Riverside Church di New York (il 4 aprile 1967) in italiano edito Martin Luther King, Oltre il Vietnam, Vicenza, La Locusta, 1968; è possibile anche consultare il discorso al sito sull’African-American Involvement in the Vietnam all’indirizzo http://www.aavw.org/special_features/speeches_speech_king01.html.

57 Il tavolo delle quattro delegazioni ufficiali era formato da Repubblica Democratica del Vietnam (Nord), la Repubblica del Vietnam (Sud), il Fronte di Liberazione Nazionale (FLN) e gli Stati Uniti d’America. Co-organizzatori e osservatori erano la Repubblica Popolare Cinese, l’URSS, la Francia e l’Inghilterra.

58 Per diffondere le notizie veniva utilizzato principalmente il mimeografo, un apparecchio che permetteva di stampare autonomamente in casa, grazie al quale potevano poi rendere pubblico un bollettino di notizie tradotto in tre lingue. Costante e quotidiana era poi la comunicazione e la corrispondenza con le altre organizzazioni vicine alla loro causa.

59 Cfr. S. C. Khong, L’arma del vero amore, op. cit., p. 162.

60 Cfr. ivi, p. 136.

61 Giovane attivista per la pace americano e amico di Thomas Merton e Nhất Hạnh. La visita risale all’estate del 1972. Cfr. R. H. King, Thomas Merton and Thich Nhat Hanh…., op.cit., p. 90.

62 Cfr. ibidem.

63 Ibidem.

64 Cfr. S. C. Khong, L’arma del vero amore, op. cit., p. 144.

65 Cfr. Ibidem.

66 Nel 1981 Hanoi metteva fuori legge l’UBCV. Ciò fu una delle cause che porterà gli Stati Uniti a porre il Vietnam nella lista nera dei paesi privi di libertà religiosa.

67 R. H. King, Thomas Merton and Thich Nhat Hanh…., op.cit., p. 91.

68 La World Conference on Religion and Peace (WCRP), ora Religions for Peace (RFP), é un’organizzazione non-governativa internazionale fondata formalmente nel 1970 per favorire l’incontro tra le differenti religioni mondiali in vista della promozione della pace.

69 Cfr. S. C. Khong, L’arma del vero amore, op. cit., pp. 177-180.

70 Cfr. ivi, pp. 182-189. Una volta che il fenomeno dei boat-people fu portato in primo piano, con il tempo alcuni paesi aumentarono le quote di immigrazione per poter aiutare la risoluzione del problema, in primo luogo gli Stati Uniti e poi l’Europa, l’Australia e il Canada.

71 Cfr. ivi, p. 168.

72 Thich Nhat Hanh – Daniel Berrigan, The raft is not the shore, New York, Orbis Books, 2001, p. 124.

73 La stessa zona in cui nel corso degli ani ‘70 si era installata anche una comunità buddhista di tradizione tibetana.

74 Hamlet in lingua francese denota un piccolo insediamento in area rurale, come nel caso di un villaggio.

75 Cfr. S. C. Khong, L’arma del vero amore, op. cit., p. 208-213.

76 Cfr. S. C. Khong, L’arma del vero amore, op. cit., p. 212.

77 Oggi Plum Village é composto di quattro comunità distinte: Upper Hamlet (Xóm Thượng) che ospita circa 65 monaci e laici, Lower Hamlet (Xóm Hạ) che ospita circa 40 monache e laiche, Son Ha Temple residenza di circa 40 monaci e New Hamlet (Xóm Mới), la sede più lontana, che ospita circa 40 tra monache e laiche. L’intero complesso comunitario e capace di accogliere e ospitare intorno al migliaio di persone durante i ritiri organizzati.

78 Thich Nhat Hanh, Essere Pace, Roma, Ubaldini Editore, 1989, pp. 47-48.

79 Ivi, p. 48.

80 Ivi, p. 80.

81 Per informazioni su The Peace Abbey ente che promuove il premio si trovano all’indirizzo web http://www.peaceabbey.org (Ult. Consultazione).

82 Il Maple Forest Monastery e il Green Mountain Dharma Center nel Vermont; il Deer Park Monastery sorto a Escondido in California nel 2000.

83 La Parallax Press è il ramo editoriale della Unified Buddhist Church, Inc., nata dietro proposta del monaco Thích Nhất Hạnh nel 1986, dedicata alla pubblicazione di libri sul buddhismo impegnato e sulla pratica della consapevolezza. Principale casa editrice dei testi di Nhất Hạnh, annovera titoli, tra gli altri, di Parallax pubblica libri di Robert Aitken, Stephen Batchelor, Maha Ghosananda, Sorella Chan Khong, SS il Dalai Lama, Joanna Macy, Sulak Sivaraksa, Mitsu Suzuki, Ko – Un, Gary Gach, Alan Hunt badiner, John Malkin, Hilda Gutierrez Baldoquin, Catherine Ingram, Victoria Jean Dimidijan, Claude Whitmyer.

84 Risoluzione dell’Assemblea Generale dell’ONU A/RE/53/2519/111998.

85 Va detto che dopo il primo viaggio di Thích Nhất Hạnh, nel 2006 l’amministrazione Bush ha ritenuto opportuno, poco prima del viaggio del presidente americano ad Hanoi, depennare il Vietnam dalla lista nera, che nel 2008 è potuto così entrare nell’Organizzazione Mondiale del Commercio. Già nel 2007 e poi ancora nel 2013 la stessa commissione (USCIRF) ha fatto richiesta di reinserire il Vietnam nella lista (CPC), in quanto paese tra i “world’s worst violators of religious freedoms” in cui avengono “arrests and detentions of individuals in part because of their religious activities and continued severe religious freedom restrictions targeting some ethnic minority Protestants and Buddhists.” .

Cfr. http://wwrn.org/articles/24963/?&section=gov-reports;

Cfr. http://www.rfa.org/english/news/vietnam/blacklist-04302013151103.html;

Cfr. http://www.cnsnews.com/news/article/vietnam-again-escapes-blacklisting-state-dep-t-cites-positive-moves-religious-freedom.

86 Cfr. Philip Taylor, (a cura di), Modernity and Re-enchantment: Religion in Post-revolutionary Vietnam, Singapore, ISEAS Publishing, 2007, pp. 1-56.

87 Cfr. Elise Anne DeVido, “Buddhism for This World”: The Buddhist Revival in Vietnam, 1920 to 1951, and Its Legacy, in Philip Taylor, (a cura di), Modernity and Re-enchantment…, op.cit, pp. 250-296.

88 Cfr. P. Taylor, Modernity and Re-enchantmen…, op. cit., pp. 8, 32-33.

89 Cfr. http://www.nytimes.com/2006/11/14/world/asia/14briefs-vietnamreligion.html?_r=0.

90 Le comunità sorte nella tradizione di Nhất Hạnh trovarono ospitalità nel monastero Từ Hiếu a Huế e nel monastero di Bát Nhã (Bảo Lộc, Lâm Đồng).

91 Tra i maggiori sostenitori di queste tesi sono i portavoce dell’UBCV e capi dell’opposizione alla dittatura comunista Thích Huyền Quang (nominato al premio nobel per la Pace e morto nel luglio 2008) e Thich Quảng Độ, posto agli arresti domiciliari per più di 20 anni. Il venerabile Quảng Độ, patriarca dell’UBCV, si é rifiutato per protesta di incontrare Nhất Hạnh e la sua delegazione, che si erano recati al monastero Thành Minh dove Quảng Độ viveva confinato.

92 Il titolo originale delle cerimonie proposto da Nhất Hạnh sarebbe dovuto essere “Grand Requiem for praying equally for all to untie the knots of unjust suffering”, sottintendendo che la preghiera andava rivolta egualmente anche verso i soldati deceduti appartenenti all’esercito del Vietnam del Sud e a quello americano, ma il governo vietnamita si é opposto a questa forma di equiparazione, facendo propendere per una scelta del titolo meno esplicita, nonostante conservasse le stesse intenzioni, quale é “Grand Requiem for praying”.

93 Gli stessi episodi di violenza sono accaduti anche in altri monasteri che seguivano la tradizione di Plum Village come nel caso di una pagoda nella provincia di Khánh Hòa. Cfr. http://www.state.gov/j/drl/rls/irf/2010/148903.htm.

94 Cfr. http://www.theguardian.com/world/2009/oct/02/vietnam-police-buddhist-monks-nuns.

95 Cfr. http://newsok.com/tensions-rise-as-police-question-monks-followers/article/feed/82286.

96 http://www.state.gov/j/drl/rls/irf/2010/148903.htm.

97 Cfr. http://www.rfa.org/english/news/vietnam/monkschased-09282009160314.html.

98 Ad esempio quelle di liberalismo, socialismo, giusnaturalismo, etc., sono tutte idee importate dall’Occidente, che hanno influito in maniera profonda nei paesi dell’Estremo Oriente.

99 L’India è stata la meta di diversi viaggi di Nhất Hạnh. Vi è da sottolineare l’importanza, l’ufficialità e la solennità del viaggio del 2008, durato un mese e reso possibile dal Consiglio indiano per le relazioni culturali (ICCR), ricco di ritiri e di incontri pubblici, come nel caso dell’inaugurazione del Mindfulness in Education Centre land a Dehradun e della conferenza – dal titolo “Governare con coraggio e con passione” – nel Parlamento di fronte al Presiedente del Congresso e di numerosi rappresentanti politici, e privati con personalità di spicco della vita pubblica indiana come Sonia Gandhi e Rahul Gandhi. Cfr. http://www.ahimsatrust.org/thich%20nhat%20hanh%20in%20india%20oct%202008.htm.

100 Per quanto riguarda i paesi dell’area asiatica e pacifica i luoghi dove si è concentrata la diffusione del Dharma di Plum Village con insediamento di monaci residenti sono l’Australia, Indonesia, Singapore, Malesia, Thailandia, Vietnam e Hong Kong.

101 Vi è la tendenza oggi a utilizzare il termine applicato (inglese applied) a quello di impegnato in riferimento al Dharma buddhista proposto dalla tradizione di Thích Nhất Hạnh.

102 Introduzione di Fred Eppsteiner al saggio L’Ordine dell’Interessere in T. N. Hanh, Respira! Sei vivo, op. cit., p. 136.

103 L’Ordine dell’Interessere possiede anche un periodico ufficiale, The Mindfulness Bell, che, con le sue tre pubblicazioni annuali, fornisce oggi notizie di ordine generico sulle attività e sui centinaia di Sangha locali in tutto il mondo, oltre che informazioni di Dharma e testimonianze. È possibile verificare in internet la presenza di Sangha locali nelle proprie vicinanze geografiche tramite un motore di ricerca specifico presente nel sito mindfulnessbell.org. Secondo questo motore di ricerca solo negli Usa vi sarebbero 381 Sangha registrati nella directory.

104 In Italia, dopo nove anni di organizzazione, nel 2012 è nato un centro di pratica in Abruzzo, località Castelli, ispirato all’esperienza dell’Intersein-Zentrum tedesco, intitolato Centro Avalòkita (in onore del Bodhisattva Avalòkitesvara), voluto dalla Comunità Italiana dell’Interessere e condotto da una piccola comunità laica di pratica residente, capace di ospitare giornate di pratica, piccoli ritiri e corsi di approfondimento.

105 http://www.zenquieora.org/insegnamenti-di-dharma/discorsi-di-dharma/106-thich-nhat-hanh-storia-del-buddhismo-impegnato-sangha-sicilia-plum-village-zen-catania-meditazione-buddhismo.html.

106 Un caso di realtà comunitaria nata sulla spinta dell’insegnamento di Nhat Hanh e nel rispetto dei suoi principi, ma in maniera completamente autonoma è ad esempio il caso del Manzanita Village Cohousing Community a Prescott in Arizona (USA).

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