Il discorso della freccia

 

Sallasutta, SN 36.6

Con un’immagine indimenticabile, questo insegnamento ci aiuta a distinguere le piccole o grandi difficoltà della vita – inevitabili, che fanno parte della nostra realtà di esseri viventi – da ciò che vi costruiamo sopra, moltiplicandone l’effetto e prolungandolo:

la nostra reazione, la storia che ci raccontiamo, la nostra ansia. (…) Una parte dell’arte di soffrire bene consiste nell’imparare a non ingigantire il nostro dolore lasciandoci trascinare da rabbia, paura e disperazione.” (Thay, Pratiche di consapevolezza cap. 4).

Il sutra espone anche, con 24 secoli di anticipo, gli effetti ormai scientificamente accertati della neuroplasticità: trattenersi in uno stato mentale e ritornarci più volte significa coltivare la tendenza a ricadere sempre più facilmente in quello stato.

“O monaci, l’uomo ordinario che non ha ricevuto gli insegnamenti spirituali sperimenta sensazioni piacevoli, sensazioni spiacevoli e sensazioni né piacevoli né spiacevoli.

O monaci, il nobile discepolo che ha ricevuto gli insegnamenti spirituali sperimenta sensazioni piacevoli, sensazioni spiacevoli e sensazioni né piacevoli né spiacevoli.

O monaci, qual è la differenza, la peculiarità, il fattore distintivo che esiste dunque tra il nobile discepolo che ha ricevuto gli insegnamenti spirituali e l’uomo ordinario che non li ha ricevuti?”

Venerabile, per noi gli insegnamenti hanno il Beato come radice, come guida e come rifugio. Sarebbe bene se il Beato stesso volesse spiegare il significato di questa affermazione: udendola dal Beato, i monaci la ricorderanno.”

“In questo caso, monaci, prestate attenzione: parlerò!”

“Benissimo, o Beato” risposero i monaci.

Il Beato disse: “O monaci, l’uomo ordinario quando viene toccato da una sensazione dolorosa soffre, si affligge, si lamenta, piange battendosi il petto, entra in uno stato di grande confusione. Egli sperimenta due tipi di sensazione: una corporea e una mentale.

È come se, o monaci, un uomo fosse colpito da una freccia e subito dopo fosse colpito da un’altra freccia: così, o monaci, egli percepirebbe i dolori di due frecce. Allo stesso modo, o monaci, l’uomo ordinario, che non ha ricevuto gli insegnamenti spirituali, quando viene toccato dalla sensazione dolorosa soffre, si affligge, si lamenta, piange battendosi il petto, entra in uno stato di grande confusione. Egli sperimenta due tipi di sensazione: una corporea e una mentale.

Percependo quella sensazione dolorosa, quell’uomo prova avversione verso di essa. Provando avversione nei confronti della sensazione dolorosa, in lui la tendenza dell’avversione nei confronti della sensazione dolorosa si accresce. Toccato da quella sensazione dolorosa quell’uomo cerca gratificazione nei piaceri dei sensi. Perché questo?

Ma perché, o monaci, l’uomo ordinario che non ha ricevuto gli insegnamenti spirituali non conosce alcuna via di fuga dalla sensazione dolorosa eccetto il piacere dei sensi. E cercando gratificazione nei piaceri dei sensi, in lui la tendenza all’attaccamento nei riguardi della sensazione piacevole si accresce.

Quella persona non conosce, secondo realtà, l’origine e il decadere di queste sensazioni piacevoli o spiacevoli; non conosce la soddisfazione e l’insoddisfazione a loro connesse, né conosce alcuna via di fuga da esse. Non conoscendo, secondo realtà, l’origine e il decadere di queste sensazioni, la soddisfazione e l’insoddisfazione a loro connesse, né alcuna via di fuga da esse, in lui la tendenza all’ignoranza nei confronti delle sensazioni si accresce.

Se quest’uomo percepisce una sensazione piacevole, la percepisce identificato con essa; se percepisce una sensazione spiacevole, la percepisce identificato con essa; se percepisce una sensazione né piacevole né spiacevole, la percepisce identificata con essa.

Costui, o monaci, viene definito privo di insegnamenti spirituali, uomo ordinario, uno legato alla nascita, vecchiezza e morte, pena, lamenti, disagio, angoscia e mancanza di serenità. Egli è legato, vi dico, alla sofferenza.

O monaci, quando il nobile discepolo che ha ricevuto gli insegnamenti spirituali viene toccato da una sensazione dolorosa egli non soffre, non si affligge, non si lamenta, non piange battendosi il petto, non entra in uno stato di grande confusione. Egli sperimenta un solo tipo di sensazione, la sensazione corporea, e non quella mentale.

È come se, o monaci, un uomo fosse colpito da una freccia senza essere colpito, subito dopo, da un’altra freccia: così quest’uomo, o monaci, percepirebbe il dolore di una sola freccia.
Proprio allo stesso modo, o monaci, il nobile discepolo che ha ricevuto gli insegnamenti spirituali, percependo una sensazione dolorosa egli non soffre, non si affligge, non si lamenta, non piange battendosi il petto, non entra in uno stato di grande confusione. Egli sperimenta un solo tipo di sensazione, la sensazione corporea e non quella mentale.

Venendo toccato da quella sensazione dolorosa, egli non prova avversione verso di essa. Non provando avversione nei confronti della sensazione dolorosa, in lui la tendenza all’avversione nei confronti di tale sensazione non si accresce. Toccato dalla sensazione dolorosa egli non cerca gratificazione nei piaceri dei sensi. Perché questo?

Ma perché, o monaci, il nobile discepolo che ha ricevuto gli insegnamenti spirituali conosce una via di fuga dalla sensazione dolorosa diversa dal piacere dei sensi. Non cercando gratificazione nei piaceri dei sensi, in lui la tendenza all’attaccamento nei riguardi della sensazione piacevole non si accresce.

Egli conosce, secondo realtà, l’origine e il decadere di quelle sensazioni piacevoli o spiacevoli, la soddisfazione e l’insoddisfazione a loro connesse e la via d’uscita da esse. Conoscendo, secondo realtà, l’origine e il decadere di queste sensazioni, la soddisfazione e l’insoddisfazione a loro connesse e la via d’uscita da esse, in lui la tendenza all’ignoranza nei confronti delle sensazioni non si accresce.
Se egli percepisce una sensazione piacevole, non la percepisce identificato con essa; se percepisce una sensazione spiacevole, non la percepisce identificato con essa; se percepisce una sensazione né piacevole né spiacevole, non la percepisce identificato con essa.

Costui, o monaci, viene definito un nobile discepolo, uno che non è legato nascita, vecchiezza e morte, pena, lamenti, disagio, angoscia e mancanza di serenità. Egli non è legato, vi dico, alla sofferenza.

Questa, o monaci, è la differenza, la peculiarità, il fattore distintivo che esiste dunque tra il nobile discepolo che ha ricevuto gli insegnamenti spirituali e l’uomo ordinario che non li abbia ricevuti.”

Che la sensazione corporea sia piacevole o spiacevole, il saggio non sperimenta una sensazione mentale di attaccamento o avversione: il saggio – dico – che ha ricevuto gli insegnamenti spirituali.

Tra il saggio e l’uomo ordinario questa è la grande differenza per quanto concerne ciò che salutare.

In un essere che ha realizzato gli insegnamenti spirituali, che ha ben compreso il Dharma, che vede chiaramente questo e l’altro mondo, le cose desiderate non turbano la mente, quelle indesiderate non suscitano avversione.

Per lui attrazione e repulsione sono disperse, hanno raggiunto la fine, non esistono.
Comprendendo lo stato privo di macchia e dolore,egli conosce correttamente e trascende il divenire.

 

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